'Mancato accordo'. Questo recita il verbale siglato la settimana scorsa al termine del secondo incontro fra azienda e sindacato. Il prossimo passo sarà ora un nuovo confronto di fronte alla Regione. Dopo quello di settembre, il nuovo incontro fra i dirigenti della Beltrami di Paderno Ponchielli e il sindacato, non solo non ha riavvicinato le posizioni ma, anzi, ha sostanzialmente sancito la rottura definitiva. E la posizione dei 35 dipendenti dell'azienda edile, 24 operai e 11 impiegati su un organico complessivo di 170 persone, che la Beltrami intende licenziare a seguito delle difficoltà legate alla crisi economica di questi anni, sembra aggravarsi ulteriormente.
Come si ricorderà i 35 dipendenti dell'azienda edile si trovano dal 3 dicembre scorso in cassa integrazione straordinaria. La speranza era quella di un possibile rientro al lavoro. Speranza gelata dalla raccomandata inviata il 10 settembre a Cgil, Cisl, Uil, Ance e Direzione territoriale del lavoro. E a nulla è valso il nuovo faccia a faccia che ha visto la settimana scorsa confrontarsi i vertici dell'azienda ed i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil: il verbale di mancato accordo che spalanca le porte ad un nuovo incontro davanti ad un soggetto terzo, la Regione Lombardia, sembra prefigurare posizioni assolutamente inconciliabili. Da un lato il sindacato che considera inaccettabile il fatto che una delle aziende più grandi e strutturate sul territorio, quasi 35 milioni di euro di fatturato nel 2011, forte di 22 milioni di appalti vinti, abbia deciso di ridurre il personale dichiarando apertamente alle parti sociali che molti di quei lavori saranno dati in subappalto. Il tutto a fronte di un buon numero di commesse e bilanci che non sono negativi. Dall'altro la posizione dell'azienda che giustifica la decisione di licenziare con la congiuntura negativa che impone «la riduzione del personale dedicato alla progettazione e alla redazione dei computi metrici», la necessità di affidare all'esterno le opere di carpenteria e muratura per ridurre i costi diretti del personale», ridiensionare il comparto dedicato al trasporto e al movimento terra «strutturalmente più esposto al momento di grave crisi degli appalti pubblici con conseguente esubero dei lavoratori autisti e operatori di mini macchine movimento terra», la «riduzione del personale tecnico di cantiere esclusivamente dedicato all'assistenza nei cantieri edili e del personale tecnico di cantiere dedicato esclusivamente all'assistenza nei cantieri stradali», la soppressione delle mansioni di elettricista.
Ancora più perentoria appare l'azienda nel valutare che «ad oggi non sono previste misure volte ad attenuare l'impatto sociale e che non sono attuabili misure alternative rivolte ad attenuare in tutto o in parte i 35 licenziamenti» anche alla luce del fatto che «non risulta praticabile una diversa distribuzione dell'orario di lavoro o una sua contestuale riduzione. Viene anche esclusa la riqualificazione professionale.
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