lontano da ogni indulgenza
o compromesso
Torniamo a occuparci di Carlo Cattaneo e in particolare del suo pensiero e dell’influenza che ha avuto sul Risorgimento. Possiamo dire che la sua parola è più attuale oggi che due secoli fa. La storiografia per anni presentò Carlo Cattaneo come il “grande vinto” del Risorgimento: la sua idea federalista e la sua fiera opposizione alla dinastia sabauda, infatti, furono sopraffatte dalla nascita della nuova Italia di Vittorio Emanuele II. Ma gli studi sulle sue opere del secondo dopoguerra hanno corretto questa definizione semplicistica della sua figura. Egli fu uno dei pochi pensatori solitari del Risorgimento: per educazione, cultura e gusto, lontano da ogni indulgenza o compromesso. Fu razionalista in una stagione di miti, studioso in tempi di passioni eroiche; si ancorò agli studi di economia, statistica, finanza e alle altre “scienze concrete” distinguendosi nel “vaniloquio della magniloquenza nazionale”. Guardò ai paesi dell’Occidente europeo che soli potevano indicare la via dell’indipendenza e della libertà nazionale. Il 1835 fu un anno di svolta nella vita di Cattaneo: abbandonò l’insegnamento; morì il suo amatissimo maestro Romagnosi, di cui fu l’esecutore testamentario; sposò Anna Woodcock. Nel 1839 si associò ad altri due amici, il chimico e religioso Ferrario e il pubblicista Menini che avevano già ottenuto dalle autorità austriache l’autorizzazione a stampare un nuovo periodico intitolato “Il Politecnico”. Tale impresa editoriale non fu un successo commerciale, ma si rivelò un’iniziativa di grande valore morale, in grado di suscitare un ampio consenso italiano e internazionale. Nello stesso 1844 promosse e curò la pubblicazione di Notizie naturali e civili su la Lombardia, una “descrizione ambientale e sociale della Lombardia”. Furono anni caratterizzati da un’intensa attività intellettuale e da diversi riconoscimenti: nel 1843 venne nominato membro dell’Imperial Regio Istituto Lombardo di scienze e lettere...
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