alle pretese di Napoleone
Partiamo dal “contesto storico”. Nel ‘700 l’Italia era abitata da una popolazione sostanzialmente analfabeta e fossilizzata da secoli nella sua indifferenza. La discussione restava confinata in un’estrema minoranza di intellettuali. Il ceto medio si andava formando, ma non dappertutto ed in modo disomogeneo. Solo in Lombardia si poteva parlare di un capitalismo industriale. All’inizio erano stati quei fittavoli che, dopo aver esercitato le loro capacità imprenditoriali nelle cascine - che erano vere piccole industrie di trasformazione - avevano impiantato fabbriche e manifatture nelle città. Però non bisogna esagerare: quella lombarda rimaneva una società spagnolesca cioè dominata dall’aristocrazia e dai suoi interessi e privilegi e dal clero coi suoi privilegi e sinecure.
LA VITA
E’ in questo contesto che il 6 marzo 1753 nasce Francesco Melzi d’Eril, dal padre Gaspare, e dalla madre Marianna Teresa d’Eril. Era una delle più grandi famiglie dell’aristocrazia milanese, in quel momento economicamente in disgrazia. Infatti Francesco nacque in casa di uno zio (la casa dei genitori era sotto sequestro per debiti) che poi si occupò anche di garantirgli gli studi presso i gesuiti. Una leggera sordità ed una salute piuttosto precaria, insidiata da una forte artrite, l’obbligavano a prudenze e riguardi che non si conciliavano con l’esercizio del potere. Ma lui, più che il protagonista, preferiva fare il suggeritore. Fece parte dei circoli illuministici dei Serbelloni, Beccaria, Verri, Parini e Pindemonte. Viaggiò per l’Europa dove conobbe il Parlamento inglese e i metodi dei governanti assoluti ma illuminati....
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