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Il commento

Ombre sulla tregua

Israele-Hamas, l’analisi di Ghisetti: la pace, quella vera, è un negoziato ancora tutto da scrivere
Il mondo ha trattenuto il fiato all’annuncio di una tregua tra Israele e Hamas. Un evento inatteso, che molti sperano possa sia fermare il bagno di sangue a Gaza sia preludere a una svolta per il Vicino Oriente. Trump ha dichiarato che “la guerra è finita” e Netanyahu ha preannunciato anni di pace per Israele. Sul campo, Tel Aviv ha avviato il ritiro delle proprie truppe dalla Striscia e al Cairo sono cominciati i negoziati per lo scambio di ostaggi e prigionieri.  Una svolta a sorpresa  - La mossa segna un cambio di rotta nella strategia israeliana. Fino a pochi mesi fa, Netanyahu puntava all’occupazione militare dell’intera Striscia di Gaza. Un piano avversato dai vertici militari, che temevano una guerriglia urbana senza fine. La scelta di privilegiare un accordo è la fotografia di un’impasse.  Israele ha combattuto su troppi fronti: Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Yemen, Qatar e Iran. Ai sette fronti esterni, si aggiungono quelli dell’opinione pubblica interna e occidentale, il cui sostegno – politico, militare e finanziario – è ossigeno vitale per lo Stato ebraico.  Il prezzo di una vittoria incompiuta - La strategia israeliana è stata di aprire sempre più fronti, sperando che una vittoria decisiva su uno di essi ribaltasse le sorti degli altri. Ma a due anni dal 7 ottobre 2023, quel successo decisivo non c’è stato.  L’offensiva di Israele si è contraddistinta per un livello di violenza eccezionale. Sulla sola Striscia di Gaza, grande quanto metà della provincia di Lodi ma con una densità abitativa venti volte superiore a quella di Milano, Israele ha sganciato un tonnellaggio di bombe superiore a quello utilizzato dalle potenze alleate sui singoli teatri durante l’intera Seconda guerra mondiale... LEGGI IL SERVIZIO COMPLETO SULL’EDIZIONE DI MONDO PADANO IN EDICOLA FINO AL 23 OTTOBRE OPPURE ABBONANDOTI SU WWW.MONDOPADANO.IT

Lettere

Sogin: «Per un ritorno al nucleare a disposizione i siti delle nostre centrali»

"Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte!”
«Smantellare una centrale nucleare significa prima di tutto confinare ciò che è radioattivo rispetto alla biosfera e rispetto alle attività umane. Confinare significa rendere ciò che è pericoloso, le radiazioni, innocuo nel senso che si riduce via via, con una serie di attività, la pericolosità per l‘ambiente’». Lo ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Sogin, Gian Luca Artizzu, nel corso dell’evento organizzato dalla Lega: “Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte!”, in cui ha illustrato le attività che Sogin svolge. «Per un ritorno al nucleare, oltre alle sue competenze, Sogin mette a disposizione i siti delle vecchie centrali che stiamo smantellando. Noi smantelliamo gli impianti – ha proseguito Artizzu - non smantelliamo i siti. Questi sono stati progettati e manutenuti come siti per ospitare una centrale nucleare e sono la naturale destinazione per un futuro nuovo impianto». «Il primo peccato del nucleare è non farlo lavorare» – ha continuato Gian Luca Artizzu, riprendendo il concetto espresso in apertura dei lavori da Edoardo Ventafridda, Fondatore di Giovani Blu. «Pensiamo alla centrale di Caorso: ha lavorato meno di cinque anni e ha prodotto 30 miliardi di kilowattora. Oggi, se non l’avessimo fermata con il referendum di allora, staremmo discutendo dell’allungamento dell’esercizio di questa centrale, come sta avvenendo nel mondo per impianti simili». Al panel di confronto, moderato da Fabio Tamburini, Direttore del Sole 24 Ore, sono intervenuti Flavio Cattaneo, Amministratore Delegato di Enel Group, Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni, e Fabrizio Fabbri, Amministratore Delegato di Ansaldo Energia. Diversi i rappresentanti istituzionali, politici ed esperti che hanno partecipato all’evento aperto da Vincenzo Pepe, Responsabile Nazionale Dipartimento Ambiente della Lega assieme ad Armando Siri, Coordinatore Nazionale Dipartimento Lega e al Viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava. I lavori sono stati chiusi dal Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.

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