Tutti abbiamo nel cuore una fiaba che abbiamo ascoltato o letto da bambini, che ci ha segnati, che ci ha offerto insegnamenti che, ancora oggi, ogni tanto ci troviamo a riscoprire nei nostri gesti quotidiani. In merito a questo, abbiamo chiesto di relazionare a diverse personalità del nostro territorio.
Cremasco di origine, “Peppo” (così si firma) è un artista multimediale, autore e illustratore di libri per ragazzi. Oltre alla carriera d’insegnante, si occupa di arte e comunicazione a livello internazionale.

Quale fiaba o favola amavi da bambino?
«Mia nonna era austriaca e mi raccontava fiabe nordiche, con i nomi dei personaggi in tedesco, storie più esotiche ma anche più “scure” delle versioni Disney... Poi ricordo le fiabe popolari di Calvino».

Che insegnamenti porti nel cuore derivati da letture d’infanzia?
«Probabilmente l’amore per le storie stesse, per il racconto che propone universi paralleli, che lascia immaginare altre realtà possibili».

Quali letture o illustrazioni hanno influenzato la tua creatività?
«Oltre ai libri di Munari e Saul Steinberg, cito anche Mother Goose di Charles Addams: un libro di filastrocche illustrate dall'autore della famiglia Addams, cupo ma pieno di humour. Questi autori hanno in comune il gusto di sovvertire le regole comuni e la “serendipità”, ovvero la capacità di generare stupore in ciò che è inatteso, non cercato».

Cosa deve trasmettere una storia?
«“(Nei miei racconti) non c’è morale. O se c’è, arriva dopo”, diceva Gianni Rodari».

È un discorso un po' difficile quello del messaggio delle fiabe.
«Di solito una brutta fiaba si riconosce perché ruota tutta intorno ad un insegnamento morale, spesso il risultato è un lieto fine che però "uccide" il personaggio che ci era tanto simpatico. Credo che le storie siano utili a dimostrare che le cose possono cambiare, che non sono sempre ciò che sembrano. Poniamo l'esempio della Famiglia Addams: quelli che nell'immaginario comune sono considerati mostri, "diversi", si rivelano spesso per essere più simpatici e umani. Le storie sono un buon allenamento per la fantasia: la parola, molto più dell'immagine, è potentissima ed evocativa, per questo le buone storie possono essere semplici ma mai banali.

La “morale” in tre spunti?
«“Le cose spesso non sono quelle che sembrano”, “Le favole sono piene di mondi e il mondo è pieno di cose favolose”, “Non credere a tutto quello che dicono i grandi. Fai domande”, “Anche se ti chiedono 3 cose, dinne 4”».

I NOSTRI INTERVISTATI – Santina Maldotti, bibliotecaria Casalmaggiore: «La mia fiaba preferita è Pollicino, ricordo che da piccola me la facevo leggere di continuo. Offre moltissimi spunti per riflettere sull’abbandono, sulla povertà, sul tema dell’autonomia del bambino e di come conquistarla. Mi piaceva e mi piace molto».

Daniela Urtini, maestra, San Giovanni in Croce: «Personalmente sono molto legata a Cappuccetto Rosso, ma con i miei alunni sto leggendo Cipì del maestro Mario Lodi. Piace molto ai bambini ma anche a me. Educativo e divertente così come lo è Cappuccetto. Di questi tempi i lupi non mancano di certo».

Paola Posa, insegnante di danza: «Gli insegnamenti maggiori li ho ricevuti da Il giornalino di Gian Burrasca, un maschiaccio ma allo stesso tempo tenero. Nella trasposizione tv, poi, Rita Pavone è stata il mio primo modello di musical completo: danza, canto, recitazione».

Elisa Morini, insegnante sportiva: «Quello che mi porto dentro è il primo libro che ho letto, a sei anni, Pattini d'argento. Mi ha colpito molto la determinazione dei due ragazzi protagonisti, che fanno qualsiasi cosa per aiutare il papà malato. La loro poi è una filosofia che ho sempre seguito nella mia vita: ossia mettere determinazione in ogni cosa che faccio».

Don Stefano Savoia, vicario parrocchiale: «Ricordo Il Piccolo Principe. È una storia che trasmette l’importanza di mettersi in gioco e costruire relazioni. Insegna a fare i conti con la difficoltà di accettare che l’altro sia diverso, ma che possa comunque essere un portatore di ricchezza».

Fausto Malinverno, ristoratore, Isola Dovarese: «Conservo ancora un libretto di quando ero piccolo. Si intitola Nano pancetta, ed è la storia di un folletto che un giorno, andando a lavorare nei boschi, trova un tesoro nascosto in un albero. Morale: soltanto con l’impegno e il lavoro si può trovare la propria fortuna».

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