all'inceneritore di Aem
Cremona produce 10 mila tonnellate di fanghi al'arsenico
COSI LA VICENDA
La questione del progetto di ammodernamento dell’inceneritore di Cremona poteva lasciar supporre una difficoltà di rapporti tra il Comune e l’azienda partecipata, invece, secondo quanto dichiara il presidente di Aem Franco Albertoni in questa intervista, non vi è mai stato un input da parte dell’amministrazione comunale a rinunciare all’impianto di termovalorizzazione.
INCHIESTA
Un lungo lavoro di preparazione, interrotto solo dal pronunciamento a luglio del consiglio regionale della Lombardia e dalla successiva delibera del consiglio comunale di Cremona dello scorso 30 settembre. Se le cose fossero andate diversamente l’iter autorizzativo per la realizzazione del nuovo termovalorizzatore sarebbe stato ultimato entro il 2014. Ed invece entro il 2014 si dovrà adempiere alle indicazioni per portare la raccolta differenziata al 65% in vista di una progressiva riduzione del ricorso all’incenerimento dei rifiuti.
Le due cose, però, non sono in antitesi. Di fatto vi sarà ancora bisogno di un impianto in grado di trattare la quantità di rifiuti che non sono diversamente smaltibili, e in grado di sopperire al gap di energia termica necessaria ad alimentare la rete del teleriscaldamento. Lo spiega il presidente di Aem Franco Albertoni nell’intervista pubblicata su Mondo Padano. L’azienda, peraltro, conferma di non aver mai ricevuto indicazioni da parte comunale di predisporre piani di smaltimento di rifiuti che non prevedessero anche un impianto di termovalorizzazione. D’altronde, dati alla mano, è dimostrato che dove vi sia un forte impulso al trattamento termico dei rifiuti vi è anche una riduzione proporzionale del materiale da conferire in discarica, mentre pressochè stabile rimane la percentuale della raccolta differenziata. E Cremona, nonostante tutto, non è messa male.
INTERVISTA
Presidente Albertoni, l’indirizzo votato dal consiglio comunale di Cremona impone all’amministrazione un forte impegno verso la raccolta differenziata finalizzato alla limitazione e alla progressiva dismissione dell’impianto di termovalorizzazione. Pensa sia realistico pensare ad uno smaltimento che non preveda l’utilizzo dell’inceneritore?
"Cremona potrà ridurre la produzione di rifiuti di 8.000 tonnellate ma ce ne saranno sempre 45.000 da trattare. Pensare ad un superamento di questo sistema non avrà tempi brevissimi, inutile farsi illusioni. Penso ad esempio ai fanghi da depurazione contenenti arsenico: attualmente l’unico impianto in grado di smaltirli è in Veneto, ma se questo dovesse chiudere si dovrà andare in Romania. Ogni anno in provincia di Cremona se ne producono 10.000 tonnellate che potrebbero essere trattate nel nostro impianto, producendo energia, anche se già con questi interventi sulla prima linea si potrà recuperare energia termica".
Può spiegarci esattamente come si è sviluppato il discorso sull’inceneritore e che tipo di rapporti sono intercorsi tra la Regione e il Comune di Cremona?
"Dopo il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale di fatto c’erano due scadenze da rispettare: il 2014 per quanto riguarda l’abbattimento degli ossidi di azoto sulla linea 1 e il rifacimento della caldaia. L’AIA dura fino al 2017: all’interno dello studio che avevamo predisposto c’erano varie ipotesi con differenti soluzioni per la linea 1, calcolando che anche la 2 fra non molto arriverà ad avere sulle spalle quindici anni di attività. Attualmente il nostro impianto lavora ben al di sotto delle 90.000 tonnellate previste e d’accordo con la Regione abbiamo studiato la soluzione più performante, anche alla luce delle nuove valutazioni sulla sismicità della zona. La migliore performance sarebbe stata assicurata dalla ricostruzione, nella stessa area, della linea 1 e poi della 2. Ma i tempi di intervento erano decisamente più lunghi e la riflessione avrebbe richiesto almeno un paio d’anni".
LEGGI L'INTERVISTA COMPLETA AL PRESIDENTE DI AEM ALBERTONI SUL NUMERO DI MONDO PADANO IN EDICOLA DA VENERDI 29 NOVEMBRE
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