Giovanni Gagliardi, vicepresidente della Provincia di Cremona, interviene nel dibattito sulla riforma del Reddito di Cittadinanza, dopo il nostro approfondimento della settima scorsa.
Gagliardi, oggi si parla molto di reddito di cittadinanza (RDC). Il Governo Meloni ha anticipato la proposta di riforma della misura di sostegno. Cosa ne pensa?
«Il Reddito di Cittadinanza ha sostituito il Rei (Reddito di Inclusione), una misura nazionale che aveva come precipua finalità il sostegno al reddito e l’inclusione sociale. Il Reddito di Cittadinanza ha associato anche quella di aumentare l’occupazione. Questo strumento, quindi, ha come destinatari sia persone che per varie ragioni (età, disabilità, fragilità di tipo socio-economico) non sono spendibili nel mercato del lavoro, sia persone disoccupate e potenzialmente occupabili o ri-occupabili. Già nel 2021 l’INPS, nel suo rapporto annuale, evidenziava che la prospettiva di una ricerca attiva di lavoro non poteva riguardare quasi i tre quarti dei beneficiari di Reddito di Cittadinanza. Entrambe le finalità sono assolutamente condivisibili e non si può negare che la misura abbia avuto un impatto molto significativo nel periodo dell’emergenza sanitaria e della crisi economico-sociale che ne è derivata. Tuttavia, proprio il fatto che tali finalità siano state affidate ad un unico strumento sembra essere una delle principali fonti delle critiche che vengono mosse da tempo e da più parti al suo funzionamento».
Quindi cosa ne pensa di questa possibile riforma?
«Occorre prima vedere il testo definitivo per esprimere un parere di merito. Il Reddito di Cittadinanza non spetta alla singola persona, ma al nucleo familiare, che può comprendere sia persone occupate o working poor o persone potenzialmente occupabili, sia persone che invece non possono essere coinvolte in una ricerca attiva del lavoro (minori, disabili, altre persone fragili)...
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