Stelle e precipizio"
L’Amoris laetitia di Papa Francesco - esortazione apostolica sull’amore nella famiglia - è l’ispirazione dell’ultimo lavoro del compositore cremonese Federico Mantovani: Letizia d’amore, stelle e precipizio è il titolo della Cantata Sacra che verrà eseguita in prima assoluta, giovedì prossimo, nella Cattedrale. L’interpretazione è affidata al Coro Polifonico Cremonese e all’Orchestra sinfonica dei Colli Morenici, entrambi diretti dallo stesso compositore. Promossa dalla Diocesi di Cremona e dalla Fondazione Arvedi Buschini, l’opera prende avvio dalla convergente volontà del compositore e del vescovo Napolioni di non disperdere, a poco più di due anni dalla sua promulgazione, il messaggio del documento pontificio.
Ne parliamo con il musicista.
Maestro, può anticiparci la cifra fondamentale della sua opera?
«L’orchestra è composta da archi, legni, ottoni, percussioni e organo. Le voci sono quelle di due solisti, tenore e soprano, di un recitante, e del Coro. Nel Preludio iniziale, Buio di solitudine, uso una tinta orchestrale scura, con scelte armoniche dissonanti e clusters di organo su cui galleggiano temi dei singoli strumenti e in particolare del basso tuba, espressione di una lontananza. Questo paesaggio statico si anima e poi si illumina con l’ingresso degli archi, fino a conquistare un’armonia più consonante da cui muove il primo intervento del coro, Maschio e femmina li creò, costruito su passaggi cromatici stretti che si alternano fra uomini e donne, per aprirsi progressivamente a far risuonare il tema lirico ed espanso, all’unisono, contro la solitudine li creò. Il clima musicale dell’intera composizione si muove tra momenti di grande dolcezza, come nel passo dedicato alla Tenerezza, e momenti più incisivi, come in Forte come la morte è l’amore. Ci sono anche passaggi che richiamano il linguaggio popolare, come in Io sono voi, dove il coro incarna il villaggio, la gente, ma anche la natura, ad esaltare l’idea di una comunità che contrappunta l’intervento del tenore solo. Ripieni corali e orchestrali si alterano ai vuoti, alle sospensioni, alle crepe, come nel passo Padre, madre, intonato dal soprano solo. Ci sono anche spazi di progressiva intensificazione ritmica, come nel Talità kum, che diventa sempre più incalzante. Altrove si aprono isole evocative, come nel brano Da che silenzioso mare, dove l’orchestra ha un ruolo fondamentale perché dipinge il paesaggio enunciato dai versi di Rondoni, o pagine intrise di pathos, come ne Le figure dell’amore, che pone al centro della scena la Passione di Cristo o nel passo ieratico dedicato alla morte dei figli, dove il coro si muove su armonie strette e prosciugate. Solo alla fine della Cantata si apre lo scenario luminoso e incandescente che dà il titolo all’opera: da un fondale scuro sale la preghiera a Dio perché conceda sempre una profondissima letizia, luce di stelle, luce di precipizio, come la declina il poeta. E lì la musica diventa bruciante».
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