musica, negozi e persone
cambiano le sfumature
Proprio per inquadrare il tema della coerenza cromatica delle quinte urbane a Cremona dal 2001 è in vigore il “Regolamento per i colori e le finiture di facciata”. Il tentativo era quello di costituire un sistema identitario del panorama cittadino mettendo in relazione volumi, materiali, scansioni, costituendo una vera e propria tavolozza a disposizione dei progettisti e dei proprietari di edifici, anche con il palese intento di frenarne gli eccessi di fantasia. Riportiamo l’Art. 6.4: “Gli interventi di tinteggiatura dovranno complessivamente tendere a favorire un cromatismo per distinte unità e la lettura dei singoli fronti con una scansione cromatica che ne valorizzi il ritmo, evitando l’appiattimento generato dalle prospettive indistinte”. È dichiarato che non si cerca l’uniformità a tutti i costi, e che si privilegia una via di ricerca anche materica sul campo, ma è anche vero che il risultato esemplificato sulla tavolozza è piuttosto tristanzuolo, non ha forza espressiva nè capacità narrativa. Sicuramente un importante e interessante momento di studio, ma difficilmente possiamo considerarlo un efficace strumento operativo per il “decoro” cromatico della facciata: non è servito a impedire alcuni luttuosi e ingiustificati eccessi, ma neanche è stato di stimolo per proposte che servissero da grimaldelli per scardinare l’inerzia nell’affrontare il tema del colore di una città prevalentemente antica in tempi moderni. L’unica certezza è che il suo rigore si sarebbe abbattutto sulla balzana idea di un Torrazzo a colori.
I colori oggi non possono non tener conto del rapporto fra costruito e ricostruito, fra necessità espressiva dell’architettura moderna - se di qualità - e mutamenti dei comportamenti percettivi. Il problema di qualunque strumento normativo prescrittivo è quello di essere statico, e di basarsi ovviamente solo sul conosciuto, sull’esistente: dimenticando spesso che una corretta dimensione storica è necessariamente dinamica...
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