in un cascinale: Arturo Tegagni colpito a morte
E’ da poco finita la guerra. E’ la sera del 24 ottobre 1945 e la famiglia Tegagni sta cenando riunita intorno al tavolo della cucina nella loro cascina in via San Quirico. Ci sono Arturo Tegagni, l’anziano padre Innocente, la moglie Alba Carletti e la figlia Renata. Manca solo l’altro figlio Sergio, meccanico presso la Cooperativa Partigiana Trasporti, che dovrebbe arrivare tra poco. Fuori cade una leggera pioggia. Il cascinale è avvolto dall’oscurità e dal silenzio, quando ad un tratto la porta si spalanca di colpo, come spinta da una folata di vento, e nella cucina irrompono tre uomini mascherati ed armati di grosse pistole che, sotto la minaccia delle armi, obbligano i quattro, atterriti, a sedersi su un divano accostato alla parete. Dicono di essere dei fascisti alla ricerca di armi, ed iniziano a rovistare dappertutto.
Poi, mentre uno dei tre esce dalla cucina e si dirige verso l’ingresso dell’aia per fare da palo, un altro tiene a bada la famiglia sotto il tiro di due pistole ed il terzo obbliga Arturo a fargli strada verso il piano superiore alla ricerca di denaro. In quel momento arriva Sergio che si imbatte nel bandito posto di guardia all’ingresso ed ingaggia con lui un furioso corpo a corpo, che mette in allarme gli altri due rapinatori da almeno tre quarti d’ora impegnati a rovistare in casa. I due si precipitano fuori ma, per proteggersi la fuga, uno di essi, quello che aveva tenuto la famiglia seduta sul divano sotto la minaccia delle armi, si volta verso l’uscio di casa sparandovi contro vari colpi. Viene colpito Arturo, che muore poco dopo. Le indagini della Questura, guidate dal dottor Festa, si indirizzano in tutte le direzioni, vengono interrogate e fermate varie persone, ma non emerge alcun dato utile, nemmeno le impronte lasciate dai tre, cancellate dalla pioggia. Passano quindici giorni senza alcuna novità, i tre sembrano svaniti nel nulla. Fino a quando un giorno, nei campi intorno alla cascina dei Tegagni viene rinvenuto un cappellaccio logoro e smunto, perso forse da qualche ladro notturno di legna, come i tanti che girano di notte nelle campagne intorno alla città...
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