e la dama oscura
Il volto è una maschera fredda ed impassibile, lo sguardo glaciale e magnetico lascia trapelare l’inquietudine interiore, l’espressione corrucciata, l’eleganza formale, il movimento quasi nevrotico del braccio, l’elegante abito scuro ed i capelli lucidi di brillantina. Per restituire la complessa personalità di questo dandy sofisticato, la Lempicka ricorre ad una serie di allusioni: l’eleganza ossessiva del marchese e la sua attenzione al minimo dettaglio dell’abito, tipica dell’estetica futurista, è richiamata dalla stilizzazione esasperata della figura che rimanda alla cartellonistica e ai figurini di moda del periodo. Quando nel 1925 Tamara de Lempicka lo raffigura così, lei e Guido Sommi Picenardi sono amanti. Sua moglie, la principessa Anna Maria Pignatelli, detta Mananà, funerea animatrice delle notti romane, da un paio d’anni conduce vita separata, stanca degli eccessi del marito, e probabilmente frequenta già Guido Parisini, un ex ufficiale di cavalleria, che poi diventerà il suo amante ufficiale. Anche lei si è fatta ritrarre qualche anno prima, nel 1917, lo stesso anno del matrimonio con il marchese cremonese, da una pittrice di scuola futurista, lontana parente di Boccioni, Adriana Bisi Fabbri, che sarebbe morta di spagnola un anno dopo, a soli 37 anni. E’ un ritratto inquietante, di matrice simbolista, che raffigura Mananà immersa in un’atmosfera notturna con un trucco bianco che rende spettrale il suo volto, così come quando era apparsa ancora giovanissima ad una festa parigina agghindata da Pierrette, con un look che non abbandonerà mai per tutta la vita. Non per nulla, per quegli occhi cerchiati di nero che emergevano tra la cipria bianca del volto come un misterioso fantasma, negli ambienti parigini la chiamavano da tempo “la belle morte”.
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