Sharma Suhani, studentessa della 5BSIA del Ghisleri, ancora prima di terminare il quinto anno, ha già passato la selezione per l’università, ha vinto diversi premi e ha anche gettato le basi per la creazione di una start up. Sebbene sia nata in Italia non ha avuto vita facile, almeno all’inizio. «Mio padre è arrivato nel 1998 e ha deciso di fermarsi», racconta. «Dopo essersi sposato in India, con la mamma è andato a vivere in Emilia Romagna, dove sono nata io».
Inizialmente, l’uomo avrebbe voluto far studiare la figlia in India, «dove la scuola è secondo lui più severa», spiega Sharma. «Così mi ha mandato là per frequentare l’asilo. Successivamente, però, si è convinto a farmi frequentare qui il resto delle scuole. Così ho fatto le elementari e le medie a Vescovato». All’inizio non è stato tutto rose e fiori, sebbene Sharma parlasse già l’italiano. «Il fatto di avere una famiglia straniera alle spalle non mi ha mai creato problemi: i miei mi hanno sempre sostenuto in tutto», racconta la giovane. «Inoltre conosco meglio l’italiano della mia lingua. Ma per chi non mi conosce non sono mancati i pregiudizi. Anche nel mondo della scuola. Per questi motivi ho sofferto maggiormente alle medie e all’inizio delle superiori. Fortunatamente, poi le cose sono cambiate».
Del resto, Sharma è stata fin da subito una ragazza talentuosa e brillante, con le idee chiare fin da subito. «Ho deciso di frequentare il Ghisleri, perché avrei voluto proseguire gli studi in ambito economico o giuridico, visto che i miei nonni sono avvocati e hanno anche un negozio», racconta. La sua determinazione l’ha portata a tentare, la scorsa estate, di accedere alla Bocconi, facendo un esame, senza però riuscire a superarlo. Nonostante la delusione, la 18enne non si è però persa d’animo: «Quando ho saputo che avevano aperto un nuovo corso alla Cattolica di Brescia, in Busisness e Finance, tutto in inglese, ho deciso di provare ad accedere». Ci è riuscita partecipando a un “business game”, nel dicembre scorso. «Una sorta di gioco, ma anche un metodo per entrare alla Cattolica senza dover fare il colloquio», spiega. «Eravamo divisi in tre squadre e dovevamo risolvere un caso economico. Sono riuscita a vincere, poi ho dato il test di inglese, anch’esso obbligatorio per l’accesso, e così mi sono garantita un posto in quel corso. Ho saputo a febbraio di essere (...)».
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