Prima il ritiro del nuovo regolamento sui pesticidi, poi l’esenzione parziale dalla norma di condizionalità per i terreni lasciati a riposo. Il doppio “dietro front” compiuto dalla Commissione Europea nel tentativo di sedare la protesta degli agricoltori, dilagata in tutto il Vecchio Continente, rappresenta sicuramente un fatto degno di attenzione. Non solo e non tanto in vista delle elezioni di giugno (che sicuramente hanno influito), ma anche (e soprattutto), in prospettiva futura quando un nuovo Parlamento e una nuova Commissione si saranno insediate.
Sul banco degli imputati, una gestione e un’attuazione del Green Deal poco aderenti alla realtà e troppo sbilanciate su un approccio ideologico che rischia di mettere fuori mercato (e quindi di condannare alla chiusura) milioni di imprese in tutti i settori, dall’agricoltura all’industria, dalla chimica alla siderurgia. A trarne beneficio - nemmeno a dirlo - i nostri più agguerriti competitors, a partire dalla Cina, che sostenendo le proprie imprese (spesso parastatali) con miliardi di sovvenzioni pubbliche e potendo contare su un costo della manodopera inferiore a quello europeo, senza contare le leggi in fatto di impatto ambientale assai meno restrittive di quelle europee, hanno (e avranno sempre di più) vita facile nel conquistare fette di mercato crescenti in Europa, con conseguenze potenzialmente devastanti sulla tenuta dell’economia continentale e il destino che attende milioni di lavoratori. La fuga in avanti compiuta sulla mobilità sostenibile - si pensi allo stop alla vendita di veicoli alimentati a benzina e gasolio a partire dal 2035 - potrebbe essere un altro clamoroso autogol, ma anche la dimostrazione di come Bruxelles non abbia soppesato con doverosa attenzione le conseguenze di queste decisioni calate dall’alto su imprese e cittadini. L’auspicio, una volta rinnovati i vertici delle istituzioni continentali, è che il Green Deal, i cui obiettivi sono naturalmente condivisibili, venga gestito e attuato all’insegna di una maggiore cautela e di una transizione autentica che tenga conto, innanzitutto, del principio della neutralità tecnologica e che, scondariamente, preveda quella gradualità e quel percorso a tappe che qualunque trasformazione deve avere. L’obiettivo di uno sviluppo sostenibile rappresenta, naturalmente, una priorità per tutti, ma la sostenibilità deve essere declinata a 360 gradi: ambientale, sociale ed economica...
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