accentua la povertà»
Don Federico Bragonzi, di Crema, dal 2013 è padre missionario in Uruguay. «Dal 2013 sono al servizio della diocesi di San José de Mayo y Flores, in una realtà di periferia, molto vicina alla capitale Montevideo, accompagnato da un altro prete di Crema don Paolo Rocca. La nostra parrocchia - Nostra Signora di Lourdes - parte di una città in forte espansione, Ciudad del Plata, è il motivo iniziale della nostra venuta in Uruguay, per rispondere alla richiesta dell’allora vescovo di San José, mons. Arturo Fajardo. Richiedeva una presenza missionaria, in una zona molto problematica, dove non c’era ancora un’azione stabile da parte della Chiesa. In questi due anni, la nostra preoccupazione è stata quella di sostenere le piccole comunità cristiane presenti nei “barrios” (quartieri) che, costituiscono la parrocchia con la celebrazione, il contatto, la carità e l’amicizia».
Come avete vissuto la pandemia?
«In Uruguay, non c’è stata una prima fase preoccupante, del contagio, a differenza della maggioranza di altre nazioni. Comunque, il Governo ha richiesto in forma preventiva, una chiusura molto stretta di quasi tutte le attività nei mesi di marzo, mantenendo così molto bassa la diffusione del virus. Dall’osservatorio della nostra parrocchia, la difficoltà maggiore è stata sofferta dalle molte famiglie che vivono di lavori precari. Praticamente, sono rimaste senza entrate, e questo ha provocato una risposta assistenziale, non sufficiente, da parte del Governo e l’attivarsi di iniziative popolari (“ollas populares”, distribuzione di cibo…) per rispondere all’emergenza. Nella fase attuale, dove vediamo una crescita preoccupante del contagio, la chiusura è solo parziale e, sembra che la vita continui normalmente, pur con tutte le attenzioni previste dal protocollo ufficiale....
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