Vescovo di Cremona dal 2015, monsignor Antonio Napolioni ci accompagna con le sue parole nei giorni che ci avvicinano al Santo Natale. Quello del 2020, sarà davvero speciale sotto diversi punti di vista. Abbiamo bisogno di questo Natale per entrare in contatto e riscoprire la parte più profonda di noi, o almeno questo è l’augurio.
Vescovo Napolioni, che Natale sarà quello che ci apprestiamo a vivere? In piena fase pandemica c’è ancora spazio per la speranza?
«Sarà il Natale di Gesù, più che mai. Tanti, per comprensibili motivi, ci spiegano che deve essere un Natale sobrio, semplice, intimo, essenziale, ma la nostra mentalità consumistica fatica a comprenderlo. Tanti hanno ripetuto che bisognava “salvare il Natale”: con il massimo rispetto per la fatica di commercianti e ristoratori, non credo però che il Natale si salvi innanzitutto sostenendo ad ogni costo le filiere produttive ed economiche che prosperano sulle feste di fine anno. Semmai, abbiamo bisogno del “Natale che ci salva”, che alimenta la speranza proprio a partire da una notizia capace di cambiare in noi idee e atteggiamenti, facendo luce sulle menzogne che ammalano il mondo e indicando le vere vie da intraprendere con decisione».
La pandemia - con l’esperienza quotidiana della sofferenza e della morte - dovrebbe aver reso evidente che siamo piccoli nell’universo e che “nessuno si salva da solo”.
«Davvero, secondo lei, quanto stiamo vivendo ci darà questa nuova consapevolezza, aprendo a una società più solidale?
Dipende dalla sensibilità e dalla libertà di coscienza di ciascuno. La pandemia, come il terremoto o altre catastrofi, è una “cartina al tornasole”, che fa emergere il bene nascosto ed estremizza il male che ci insidia. Ci sono sofferenze e morti vissute con dignità, amore e fede, e ci sono anche situazioni...
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