Nessuno si salva da solo. Come un mantra, questa consapevolezza ha conquistato le pagine social e gli schermi televisivi nelle nostre case, costantemente sintonizzati sulle ultime notizie a tema Coronavirus. L’ha sottolineato Papa Francesco, lo ribadiscono le istituzioni, nel tentativo di rafforzare le maglie di una società duramente provata dall’epidemia ma più che mai solidale. Durante l’isolamento sociale imposto per ridurre il contagio, tutto – volti, parole, abbracci – è filtrato da distanze di sicurezza e dispositivi di protezione personale. Se per molti si tratta solo di portare pazienza e attendere la fine del lockdown, la situazione si complica per chi vive o lavora in contesti socialmente sensibili. Il confinamento aumenta la tensione tra le mura di casa e negli istituti, limita le libertà personali e accresce le preoccupazioni economiche. La paura – soprattutto quella di essere abbandonati a se stessi – diventa il catalizzatore di reazioni difficili da gestire in assenza di un adeguato supporto. Qui interviene il Terzo settore, costituito da una molteplicità di enti e associazioni impegnati nel sostegno sociale su più livelli. Gli operatori e i volontari sono l’anima di questo sistema solidale, divenuto insostituibile su scala locale e nazionale. La buona volontà non manca, ma le limitazioni costringono gli operatori a trovare nuovi modi per proseguire l’attività e non perdere il contatto con chi ha bisogno di aiuto. Accade per i centri di accoglienza e di recupero delle tossicodipendenze, dove gli operatori diventano filtro e garanzia delle condizioni sanitarie e del quieto vivere. Accade per le Onlus impegnate nel sostegno agli anziani e alle persone disabili, ora divenuto virtuale, così come per gli sportelli contro i maltrattamenti alle donne, in linea diretta e costante con chi vive l’incubo tra le mura di casa. In altri casi il sostegno arriva a domicilio, per assistere adeguatamente chi lotta contro un tumore o chi non può procurarsi cibo e farmaci. La rete resiste grazie a due elementi fondamentali: la riconversione dell’attività e la resilienza, irrinunciabili ma non sufficienti a garantire la stabilità dell’intero sistema. Se da un lato le istituzioni richiedono standard più flessibili per reagire all’emergenza, dall’altro gli operatori sociali sono spesso costretti a fare i conti con sfide ai limiti delle possibilità economiche e materiali. Il 3 maggio – possibile fine del lockdown – non è lontano, ma la cosiddetta “fase due” non richiederà meno energie. Non basta sopportare, occorre supportare: è ciò che chiede il Terzo settore, senza lasciare la presa nei confronti di chi tende la mano. (lg)
Paolo Carini, Luca Muchetti, Angelo Galimberti, Fabrizio Loffi, Lidia Gallanti, Rosario Pisani, Laura Bosio,
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