L’esatto confine tra sport e spettacolo non è forse mai stato definito, soprattutto da quando la televisione ha portato nelle case di tutti gli avvenimenti più importanti del mondo intero.
Un fenomeno che apparve nel momento in cui lo sport non fu più praticato solo dalla nobiltà che menava vanto di potersi avvicinare alla pratica agonistica nel più puro senso del dilettantismo olimpico, ma divenne accessibile a gran parte della popolazione.
Mancavano gli stadi, non c’erano palestre e piscine, o palazzetti dello sport. In genere, ci si doveva accontentare degli angusti palcoscenici di qualche teatro che potevano ospitare un ring o una pedana per la scherma, del tendone di qualche circo equestre che, sfruttando ancora l’antico retaggio di usanze medievali portava in giro per l’Europa saltimbanchi ed acrobati, prestigiatori, domatori e uomini forzuti. Furono i circhi le prime palestre dei grandi atleti di un tempo andato.
Campione tra i campioni, agli inizi del secolo scorso, personaggio capace di destare l’ammirazione di qualsiasi pubblico con esibizioni al limite del credibile per forza, coraggio e fantasia fu il popolarissimo “Nino”, atleta eccezionale, ma anche vero animale da spettacolo, trascinatore di folle che seppe portare alto il nome di Cremona nel mondo creando attorno al proprio nome un’aura di leggenda forse irripetibile.
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Cesare Castellani

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