alle smart cities" in conferenza
Cremona una città smart dove ambiente, sviluppo e cittadini possano diventare parte di uno unico processo di crescita, intelligente e sostenibile: smart appunto. Il Convegno di sabato 4 maggio promosso da Partecipolis, AmbienteScienza, CreaFuturo e Politecnico di Milano- Polo di Cremona dal titolo “Progetto Cremona, la via italiana alle smart cities: l’ esempio dei Comuni di Bologna e di Modena” ha aperto una finestra sul futuro possibile per la città. Sul tavolo un progetto, quello della città smart, che può accedere a bandi dell’Unione Europea che ha messo sul piatto per i prossimi cinque anni 11 miliardi di euro: è stato un primo contributo strategico per pensare progetti per accedere ai fondi UE, partendo dalle peculiarità della Città pensata non più come nucleo chiuso, ma in chiave di territorio. E proprio su questo concetto i due esponenti cremonesi, l’arch Maurizio Ori e l’ing. Alessio Picarelli, intervenuti al Convegno hanno cominciato a definire “ una via cremonese allo smart territorio” . Cremona infatti non può essere pensata se non legata strettamente al suo territorio agricolo e al paesaggio padano, al suo fiume, il Po. In questo quadro Maurizio Ori ha presentato linee di riconversione ecologica dell’agricoltura e delle cascine padane incentrate sul ciclo dell’acqua e sul suo utilizzo sostenibile. Alessio Picarelli ha rilanciato la necessità di una “governance” unitaria del bacino del Po, anche ricorrendo allo strumento del “Contratto di fiume”. La possibilità cioè che città rivierasche del fiume Po collaborino tra di loro per la salvaguardia del fiume, per ottenere finanziamenti nazionali ed europei per le politiche di mitigazione e di adattamento ai mutamenti climatici vista la fragilità idrogeologica dei territori del Po. Ma è necessario che sia chiarito subito un punto: la smart city non è un punto di inizio per impostare un modo nuovo di vivere la partecipazione, bensì un punto di approdo da dove certo potranno partire ulteriori scelte strategiche. L’architetto Patrizia Gabellini, assessore Urbanistica e Ambiente, a Bologna ha illustrato come si sia proceduto ad una rilettura del tessuto urbano di Bologna, guardando sia alla storia urbanistica della città, sia alle sfide future. Nel dialogo con i cittadini, non solo con gli operatori economici e sociali è emersa la novità che lo spazio metropolitano di Bologna è composto da 7 città, ciascuna con una sua diversa vocazione geografica, economica e culturale. Non più il vecchio rapporto centro-periferia ma uno spazio metropolitano policentrico. L’ingegner Miriam Ruggiero, consulente del Comune di Modena, per i servizi informativi territoriali ha ricordato che ogni città deve trovare un suo percorso originale. Anche città medio-piccole possono diventare intelligenti e sostenibili, cioè smart. Oggi un termine diventato di moda, che implica però una metodologia precisa, scientifica e democratica, culturale e politica. Una città deve cominciare dal conoscere se stessa attraverso i dati raccolti sul territorio, dove le fonti informative fornite dalle nuove tecnologie vanno comunque verificate e ben individuate, e allora possono essere utilizzate come “ sensori” che rivelano il flusso del traffico, il movimento dei cittadini verso i vari punti vendita commerciali, le punte e le aree di inquinamento dell’aria, i ricoveri ospedalieri, gli accessi ai vari servizi amministrativi, sociali e scolastici, la distribuzione e i consumi delle utenze civili e produttive per quanto riguarda acqua, luce e gas, il livello di coibentazione e di efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato, isolato per isolato. Questo ha consentito all’ amministrazione comunale di Modena di avanzare proposte più fondate per quanto riguarda piani di efficienza energetica e recupero edilizio, trasporto pubblico, pedonalizzazione, piste ciclabili, piano integrato dei servizi. Quella che all’orizzonte si prospetta è una vera e propria rivoluzione amministrativa: perchè i vari assessorati devono vedersi come parti che interagiscono tra di loro e con i cittadini, per coinvolgerli in percorsi decisionali aperti dove la soluzione è davvero alla fine del confronto democratico. In questo senso la banda larga è una grande innovazione tecnologica ed economica: ma gestita settorialmente rischia di essere un dato tecnico, mentre andrebbe utilizzata come opportunità progettuale sociale, politica e democratica.
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