La foto della borsetta di pelle finta indossata da Sarah Jessica Parker ha fatto il giro del mondo scatenando una vera e propria corsa all’acquisto.E’ firmata “Freedom of animals”, impresa newyorkese punto di riferimento per vegani e amanti degli animali. Borse in poliuretano, fodere fatte con bottiglie di plastica, cerniere di metallo riciclato e cotone organico sono la chiave del successo dell’impresa che ha in partnership, la stilosa e giovane attrice Nikki Reed, grande amante degli animali e col fiuto per gli affari. La stilista francese Amélie Pichard, per la pubblicità della nuova linea di accessori vegani dello scorso anno, scelse invece come testimonial Pamela Anderson fotografata (praticamente nuda) con ai piedi scarpe vegane. L’attrice dichiarò che ‘essere vegane è sexy” attirando molto clamore e rendendo popolare un modus vivendi poco noto ai più.
Veicolata anche da testimonial molto popolari, dilaga così la filosofia del ‘veganesimo’ che va oltre al semplice mangiare solo verdure. Lo stile di vita include consumi moralmente corretti e cruelty-free opponendosi a qualsiasi prodotto fatto con parti di animali o al loro sfruttamento. Per vestirsi, dunque, non basta non indossare le pellicce, vanno esclusi pelle, cachemire, angora e seta. Si usano materiali vegetali, come lino e canapa, acrilici e pelli sintetiche.
“Più che una moda passeggera, il veganesimo è un antesignano di una vera trasformazione sociale. I consumatori diventano sempre più consapevoli del loro impatto ambientale ed ecologico” – confermano gli analisti NellyRodi, che hanno appena condotto una ricerca sul nuovo fenomeno a livello mondiale - “Le prospettive per questa filosofia, che ora ispira lo sviluppo di prodotti in molti settori, inclusa la fabbrica di birra Guinness e la casa automobilistica Tesla, sembrano decisamente brillanti e destinate ad avere sempre più seguito” .La moda e il lusso si stanno avvicinando alle fibre green fiutando l'orientamento e un nuovo mercato, da Givenchy a Isabel Marant d Lanvin. Stella McCartney resta l'esempio più credibile, le sue collezioni senza cuoio e senza pellicce, caratterizzano la produzione della stilista inglese sin dall'inizio delle sue prime creazioni nel 2001.
Il campo alimentare ha esplorato il trend per primo e il veganesimo è spesso associato al crudismo, che non prevede alcuna cottura. Ristoranti, pasticcerie e menù con offerta vegana e crudista spopolano a New York, Chicago, Londra, Milano e Roma.
“Oggi tutti sanno cosa significa la parola ‘vegano’, mentre fino a quattro anni fa’ non era così” – spiega Patrizia Romeo, chef vegano-crudista al ristorante “360 Vegan S-cucinando Lab” di prossima apertura a Roma e docente a corsi di cucina vegano-crudista di grande successo. “Il crudismo è un passo ulteriore rispetto al veganesimo e nasce dall’idea che sei ciò che mangi. Il cibo è la nostra vita e la cottura impoverisce gli alimenti, “ – prosegue l’esperta. – “I cibi si alterano a temperature superiori ai 42 gradi. Perciò per cucinare non si usano padelle né fornelli né vapore. Invece si elaborano piatti sfruttando l’essiccazione, la marinatura e frullando i componenti. Il crudismo comunque non è necessariamente vegano ed è sempre più diffuso”.
“Si possono cucinare piatti classici senza ricorrere all’uso di derivati animali e alla cottura” – sottolinea Romeo – “Dalle lasagne vegane-crudiste ai ravioli di barbabietola, dagli spaghetti di zucchine a moltissimi dolci senza glutine né lattosio, ideali per chi soffre di intolleranze”
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