Sociologo, economista, bocconiano, incarichi prestigiosi nelle più prestigiose università del mondo, Mauro Magatti insegna all’università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, è sposato con Chiara Giaccardi, da cui ha avuto cinque figlie e, insieme, hanno deciso di adottarne altri due. Con lui affrontiamo il significato dell’esame di maturità nel percorso di crescita dei ragazzi
Professore, che cosa rappresenta per i giovani, questa tappa?
«È uno degli ultimi riti di passaggio. Una volta c’erano anche il matrimonio e il posto fisso, che vanno via via perdendosi. Con il test d’ingresso a molte facoltà universitarie già in quarta o quinta superiore, anche l’esame di maturità sta perdendo di peso. Segna comunque la fine di una fase della vita e l’inizio di aspettative e paure nuove».
Trova eccessiva la celebrazione del superamento dell’esame di maturità, da parte dei genitori? Quali sono i riflessi negativi di questo atteggiamento sui ragazzi?
«Sono queste manifestazioni dei genitori il riflesso del clima psico-sociale contemporaneo. Ci sono aspetti positivi e altri negativi. I genitori oggi sono molto partecipi della vita dei figli, e questo non è un male di per sé; allo stesso tempo, questa partecipazione genera ansia, soprattutto nelle ragazze. I giovani di oggi hanno alle spalle famiglie che non sono conflittuali, svolgono un ruolo di sostegno; ma allo stesso tempo caricano di aspettative che si trasformano in blocco. Il figlio, in questo modo, continua ad essere ritirato dentro il nido familiare, invece che essere sospinto verso il futuro».
Ha un ricordo del suo esame di maturità?
«È qualcosa che tutti si ricordano, segno che è una tappa significativa della vita. Ne ho un ricordo bello, come un momento rilassato e vissuto in modo conviviale con gli altri compagni di classe. Non si percepiva quella competizione che si respira oggi. Adesso i ragazzi hanno in testa che si devono confrontare verso non si sa chi».
Per l’esperienza che ha dei giovani, che cosa chiedono dalla vita? Hanno davvero “spento” il desiderio del futuro, di una realizzazione personale, o è un luogo comune?
«I ragazzi hanno la percezione che il mondo è complicato, fatto di cose che non vanno e che bisognerebbe cambiare. Sono portatori di tante istanze, che non manifestano in forma conflittuale. Qualcuno riesce a motivarsi per far parte del processo di cambiamento, per moltissimi altri, la maggioranza, questo afflato si riduce solo a un senso di sproporzione tra ciò che riescono a fare e la continua attesa del cambiamento. Si parla di eco-ansia e ansia da performance. Questa è una generazione consapevole dei problemi, ma che fatica a vedere le strade per risolverli e soprattutto non ha una generazione di adulti interessata alle (...)».
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