«Non è (ancora)
una guerra
mondiale allargata»
Un quadro internazionale cupo, complesso, che rischia, se possibile, di deteriorarsi ulteriormente. Dall’analisi di Domenico Fracchiolla, docente di Storia delle Relazioni internazionali allUniversità Mercatorum di Roma, emerge una fotografia che lascia poco spazio ai punti di luce. Lo scenario della guerra russo-ucraina, il conflitto israelo-palestinese, il ritorno del jihadismo targato Isis-Khorasan: questi i tre principali “incendi” mondiali che destano preoccupazione. Nello scivolamento generale verso il basso, un elemento che rende meno drammatico il precipizio verso cui andiamo è la certezza del nostro interlocutore che, almeno al momento, sia da «escludere, anche nelle più fosche previsioni, che sia nei piani del Cremlino invadere l’Europa». L’allargamento della guerra russo-ucraino, dunque, non è da considerarsi plausibile, anche se la prudenza (e la Storia) insegnano che “tutto” è sempre possibile.
Sarà decisivo, avvisa Fracchiolla, l’aumento della spesa in armamenti da parte dei Paesi europei, «almeno il 2% del Pil». Non in chiave offensiva, naturalmente, ma come «capacità di deterrenza, che è stata», ricorda Fracchiolla, «una delle principali strategie vincenti per l’Occidente nella Guerra Fredda». Sul ritorno del terrorismo internazionale, il docente avvisa «di non sentirsi immuni» e che i nostri servizi di intelligence e quelli europei «sono sempre all’erta e hanno già impedito che accadessero attentati». Un cenno anche al ruolo della Cina, che Fracchiolla, come tanti altri analisti, vede sempre più interessata, in modo responsabile, ad una «stabilità internazionale» che è garanzia di «continuità di uno sviluppo economico, politico e sociale interno, già ora straordinario». In questo senso, «la globalizzazione tanto bistrattata, declinata in modo diverso, funziona in un rapporto di collaborazione, in grado di salvaguardare pace e sicurezza»...
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