Samuele Di Giglio ha 30 anni, è di Salvirola, lavora nella sicurezza privata ed è segretario provinciale di Gioventù nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia. La sua posizione, sulla guerra a Gaza, parte da concetti chiari: «Più che da militante di destra - esordisce - ragiono da cattolico. Sono lontano dal motto marinettiano “guerra, unica igiene del mondo” e spero sempre che di guerre non ce ne siano più e che ogni conflitto possa concludersi con un lavoro della diplomazia. Però gli attacchi del 7 ottobre vanno assolutamente condannati in modo fermo e non c’è dubbio che Israele abbia il diritto di difendersi. Ma la difesa deve essere sempre proporzionata all’offesa, come in tutte le cose. A livello di Fratelli d’Italia e di Gioventù nazionale, sosteniamo la tesi “due popoli, due Stati”: non siamo né sionisti né filo-Hamas, ma crediamo che sia l’unica soluzione possibile per la risoluzione di questo conflitto ormai decennale che così tante vittime innocenti ha lasciato sia dall’una che dall’altra parte».
Se però questa soluzione la lasciamo nelle mani del governo Netanyahu e di Hamas, abbiamo poche speranze…
«Purtroppo, è così. La protesta e la lotta del popolo palestinese non è assolutamente sbagliata, se guardiamo quello che è successo negli ultimi decenni. Ci sono delle evidenti responsabilità di Israele: il comportamento dei coloni e l’espansione arbitraria in Cisgiordania è stata, oltre che sbagliatissima, un abuso nei confronti dei palestinesi. Ma questa battaglia non può essere appaltata ad Hamas che, da sempre, compie e rivendica attentati terroristici in territorio israeliano tenendo oltretutto legami con le peggiori sigle del radicalismo islamico. A nostro avviso, e mi rivolgo anche a chi a sinistra tende a giustificarli o ad ignorare ciò, ai combattenti di Hamas non va data alcuna legittimazione».
Nella Striscia di Gaza, Hamas si fa scudo dei civili, sembra accertato anche negli ospedali.
«Esattamente, questo è un altro punto: cosa sta facendo Hamas? Sta usando i civili come scudi umani, in modo che vengano colpiti e continuamente aizzati contro i loro vicini israeliani. É anche una tecnica terribile di fare proselitismo, trovando altri “martiri” disposti ad immolarsi per la causa proprio tra i ragazzini cresciuti in estrema povertà sotto i continui attacchi e allargamenti territoriali abusivi israeliani. Per questo riteniamo che, quando si parla di lotta del popolo palestinese, non si debba coinvolgere Hamas che, ricordiamolo, è (...)».
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