Abbiamo realizzato un’opera che è importante per il territorio, al servizio delle fragilità e degli anziani»: così commenta i primi dieci anni di attività don Roberto Rota, presidente della Fondazione “La Pace”, presenza che ha saputo conquistarsi un posto di rilievo nel mondo delle Rsa con 84 posti-letto autorizzati (per metà con contributo regionale, l’altra metà totalmente solventi ovvero a carico dell’utente), oltre a mini-alloggi protetti, comunità-alloggio, centro diurno integrato e servizi domiciliari.
L’inizio delle attività risale all’11 febbraio 2014, ma il terreno fu preparato già prima: nel 2011 il cavalier Giovanni Arvedi acquisì la clinica di via Massarotti dismessa dall’Istituto delle Suore Adoratrici, la ristrutturò e poi la donò alla Diocesi. La Fondazione “La Pace” onlus si è a quel punto attivata per accreditarsi con l’Asl. Nel frattempo quattro altre Fondazioni del territorio – la “Vismara de Petri” di S. Bassano, la “Coniugi Preyer” di Casalmorano, la “SS. Redentore” di Castelverde e l’”Elisabetta Germani” di Cingia de’ Botti – hanno trasferito presso “La Pace” alcuni posti-letto col contributo di Regione Lombardia, per consentire la costituzione di questa importante rete di servizi per gli anziani.
Presidente, questa sinergia è stata preziosa…
«Sì, la Chiesa cremonese ha così voluto esprimere una presenza nel mondo delle fragilità e degli anziani. Del resto, lo statuto spiega bene come la Fondazione “La Pace” si ispiri alla Dottrina sociale della Chiesa e volga una particolare attenzione verso i problemi etici. È stata una storia complessa, la nostra, però ha portato buoni frutti».
Pur tra mille difficoltà…
«Sì, certo. La fatica, ad esempio, di esser passati attraverso la pandemia, per alcuni versi drammatica, ma per gli ospiti della casa di riposo provvidenziale, poiché ha preservato tantissimi anziani, che viceversa non sarebbero sopravvissuti, se fossero rimasti nelle loro case».
Ieri come oggi permane però soprattutto il problema del personale…
«Vero, manca personale infermieristico, ASA e OSS, che, ai tempi del Covid, preferirono trasmigrare dalle Fondazioni private agli enti pubblici, soprattutto ospedali. Ma, a crear difficoltà, è stata anche l’impennata dei costi energetici, che soprattutto lo scorso anno ha sbilanciato qualsiasi previsione di chiusura dei bilanci. Quest’anno – benché in misura ridotta rispetto all’anno scorso –, assistiamo anche ad un aumento dei costi generici per l’inflazione».
Come riuscite a far quadrare il cerchio?
«Ah, bisogna navigare a vista per poter garantire il funzionamento di una realtà come quella della Fondazione “La Pace”. Però spero che questa possa aprirsi sempre di più al territorio e che possa dialogare (...)».
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