A 33 anni, vanta un percorso di altissimo livello. È stato addirittura un antesignano, Francesco Bossoni. Il suo tuffo nel mondo digital è spontaneo e poi diventa anche «testardo», dice lui, perché a tutti, lui compreso, nascono certe “fisse”. La sua è per quella zona inesplorata che, per la prima volta in Italia, in quegli anni mixava sport e social media. Francesco, all’epoco, studia Marketing, comunicazione e business management all’università di Bergamo, sta preparando una testi inusuale: influenza del digitale e dei social media nella comunicazione sportiva. «Era il perioco – racconta Francesco – in cui le squadre di calcio cominciavano a gestire i canali social non sapendo bene come fare. In Premier League c’erano già delle best practice, come nell’Nba e nell’Nfl. C’era tanta pratica, disordinata, e pochissima teoria».
Eclettico e travolgente, Francesco mette in piedi un blog, sportsays.net, in cui raccoglie tutte le case history nel mondo che raccontano il (primordiale) binomio sport&social. Nel giro di poco, la piattaforma diventa tra le più lette in Europa. La sua tesi di laurea pesca a piene mani da quel patrimonio di best practice per ricavarne le linee guida di un metodo di lavoro. «È un esempio di scrittura in modalità reverse - dice Francesco -: partire dalla pratica ed arrivare alla teoria».
Quella che è solo una passione arriva presto ad essere un lavoro. Inizia per Francesco una collaborazione oltre Manica, al Liverpool Football Club come local social media executive. Dura lo spazio di un’estate, ma l’avvenutra non cambia binari: Bossoni entra in Juventus e ci rimane un anno. «I social media sono stati una costante per me – racconta –. Sono stato tra i primi a testare le piattaforme che uscivano e ho sempre seguito i cambiamenti». Curiosità, certamente, ma anche tanto approfondimento, studio, capacità di rischiare e sperimentare. Nel suo lavoro si riflette inevitabilmente l’approccio innovativo e moderno della cultura anglosassone, più veloce ma, al tempo stessa, diversa dalla nostra. «Negli Stati Uniti – spiega Bossoni – lo sport è la scusa per fornire intrattenimento. La parte più ingaggiante di una partita di basket non è la partita in sé, ma è, per esempio, la kisscam o il “look alike finder”. Qui in Italia, e in generale nel vecchio Continente, lo sport è quasi esclusivamente legato alla prestazione». Francesco racconta un episodio (...).
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