In queste prime settimane del 2024 il dibattito sulla natalità torna centrale, anche per alcuni segnali contrastanti: da un lato le previsioni nazionali parlano di un ulteriore calo delle nascite nel 2023; dall’altro, alcuni comuni (segnaliamo Bergamo e Cremona in Lombardia) riportano un segno +, rispetto ai nati dell’anno precedente, che, anche se per poche unità, suggerisce che una ripresa della natalità é ancora possibile. Ma questo non può succedere senza un deciso intervento pubblico a sostegno della famiglia e delle generazioni più giovani. Rimettere la famiglia al centro delle scelte di politica sociale ed economica delle istituzioni pubbliche non significa pretendere spazio per l’ennesimo interesse particolare, finora trascurato. Una politica “al servizio della famiglia”, come recita il titolo del Cisf Family Report 2023 (Edizioni San Paolo), ha piuttosto a che fare con la promozione del bene comune e con il rafforzamento di una irrinunciabile infrastruttura socio-relazionale della collettività.
Del resto anche il panorama internazionale è ricco di dichiarazioni ufficiali che riconoscono l’importanza della famiglia nella società, a partire dalla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” dell’ONU: «La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato» (1948). Così è avvenuto anche nel nostro Paese, dove l’art. 29 della Costituzione attribuisce alla famiglia titolarità di cittadinanza per certi versi anche maggiori («la Repubblica riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»). A livello internazionale - e in parallelo anche in Italia - veniva quindi riconosciuto che non si poteva fare a meno della famiglia, per ricostruire una nuova società e nuove relazioni internazionali di pace, sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale. Per questo allo Stato e agli altri attori sociali spetta la costruzione o la rimodulazione di “infrastrutture sociali” capaci di rispettare e valorizzare la libertà di (...).
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