E’ lunedì mattina quando lo intercettiamo al telefono. Lo aspettano sei ore di auto per arrivare a Strasburgo perché, precisa lui, «i collegamenti aeri dall’Italia sono ardui». A parte l’interruzione per l’attraversamento di una galleria, la chiacchierata fila via senza intoppi né mai si avverte l’ansia del «chiudiamo in fretta che ho altro da fare». Massimiliano Salini è parlamentare europeo dal 2014, eletto al primo mandato col Nuovo Centrodestra e al secondo (l’attuale) con Forza Italia. Per tornare alle origini del suo impegno politico dobbiamo risalire ai tempi del Liceo Classico: rappresentante di classe, poi d’Istituto, poi nel Consiglio di Distretto. Stesso impegno di rappresentanza all’Università e poi il lavoro nello staff del Governatore Formigoni. Nel 2000 il connubio con la politica è archiviato ma non in via definitiva. Qualche anno dopo, infatti, nel 2009, con sua stessa sorpresa, Salini è candidato a presidente della Provincia di Cremona e strappa una vittoria, da pochi pronosticata, al primo turno.
Oggi, il mare in cui naviga il suo impegno politico è agitato. Il partito del Cavaliere, lo scorso maggio, lo ha rimosso «senza motivazione plausibile» da Commissario regionale. Ennesima ferita autoinflittasi su un corpo che è ormai terra di scorribande e liti tra opposti clan. Salini è rimasto nei ranghi. Nonostante i (tanti) corteggiatori esterni lo abbiano invogliato a traslocare promettendogli più stima e più spazio. Attendere è più intelligente. E al contempo non smettere un minuto il lavoro istituzionale che in Europa lo vede impegnato su dossier importanti, a cominciare dal tema dei costi dell’energia e dei loro riflessi sul tessuto produttivo italiano.
Delle ultime vicende di politica interna e dello stato di salute di Forza Italia abbiamo parlato con lui in questa intervista.
Cominciamo dall’elezione dei Presidenti delle Camere. Un suo giudizio sui due profili e un commento sugli attacchi delle opposizioni.
«Contestare le scelte della maggioranza è compito sacrosanto delle opposizioni, purché si rimanga nell’ambito della civiltà democratica. Mi è parso, però, di sentire argomenti capricciosamente ideologici. Non mi aspettavo che facessero un applauso alle elezioni di La Russa e Fontana, e non sono nemmeno sicuro di volerlo fare io a tutti i costi. Sono anch’io tra quelli che vogliono verificare, sul campo, dopo un’elezione democratica, la qualità di queste due presidenze. Le premesse sono buone, i due presidenti hanno un curriculum politico dignitoso, li lascerei lavorare»...
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