nello sport e nella vita
Incredulità, dolore e cordoglio, ma anche amicizia, amore fraterno, ammirazione e gratitudine. Per il campione che ha raggiunto traguardi incredibili, certo, ma anche per l’eredità che la persona ha lasciato quando, abbandonato il calcio, ha saputo restare protagonista e lasciare un segno indelebile in molti altri ambiti. Sul numero di questa settimana gli rendiamo omaggio attraverso i ricordi di tre giornalisti che lo hanno conosciuto bene, come Giovanni Ratti, Paolo Carini e Angelo Galimberti.
Quarant’anni fa Mondo Padano premiava Gianluca Vialli come “Cremonese dell’anno per lo Sport”. Allora muoveva i primi passi, ma già agli inizi degli anni ottanta si intuiva che «il ragazzo avrebbe fatto un carrierone» - come aveva affermato Mondonico che lo aveva convocato in prima squadra, nemmeno diciasettenne. Ne ha fatta di strada quel “cucciolo di campione” che proprio in virtù delle sue gesta sportive ricevette dal mitico Gianni Brera il soprannome di “Stradivialli”. Pochi giorni fa “Luca” è venuto a mancare, sopraffatto da un male incurabile contro il quale ha lottato con coraggio per cinque anni. Era il 6 gennaio, nel giorno dell’Epifania, termine che deriva dal greco antico epifàino, che significa “mi rendo manifesto”. E proprio la sua prematura scomparsa ha reso ancora più evidente l’affetto e la stima, davvero straordinari, che circondavano il campione. Un fiume di messaggi, da Cremona, dall’Italia e dall’estero, sono giunti alla famiglia di Vialli alla notizia della sua morte. Ognuno serberà un suo personale ricordo, legato a quanto ha saputo fare dentro e fuori i campi da calcio e ciascuno di noi ricorderà le parole che pronunciava sempre più spesso in questi anni: “vorrei essere di esempio per gli altri”. Lo è stato e lo sarà, non abbiamo dubbi, anche in futuro.
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