ai più importanti palchi nazionali
Che sia con un plettro, un archetto o un tasto, ciò che tocca si trasforma in musica. Quella di Lucio Fabbri, “Violino” per gli amici, è una storia fatta d’incontri fortuiti, eventi imprevedibili e un pizzico di fortuna, come confida lui stesso. Originario di Crema, Fabbri ha alle spalle cinquant’anni di passione per la musica. Pur “bazzicando” i palchi di tutta Italia, nel cuore stringe sempre la città in cui è nato, dove ama tornare “in vacanza” quando lascia riflettori e studi televisivi.
Quando e come è nata la sua relazione con la musica?
Avevo sette anni quando mio fratello Gigi tornò a casa con un 45 giri dei Beatles, “Please please me”, che cambiò il corso della mia vita. Da quel momento non diedi pace ai miei genitori finché non mi comprarono una piccola chitarra di bachelite arancione con sovraimpressi gli autografi dei Beatles, dotata di un plettro normale ed uno di metallo per simulare il suono di una chitarra elettrica. Da lì il passo fu breve per chiedere di essere ammesso all’Istituto Folcioni di Crema, dove accompagnavo mio fratello che frequentava il corso di teoria e solfeggio. Dopo pochi giorni tutti si resero conto che avevo grande dimestichezza con le note musicali. Non c’era un corso di chitarra e quello di pianoforte era sovraffollato, così fui iscritto al corso di violino.
Dal plettro all’archetto? Una bella sfida...
Accettai, ma ad un patto: che i miei genitori mi comprassero una chitarra vera, da suonare come autodidatta. La passione per la chitarra non passò mai perché rappresentava il legame con la musica rock. Un giorno mi suggerirono di modificare il mio violino per farlo diventare “elettrico” e utilizzarlo con il mio gruppo di allora, formato da Andrea Bellani, Enzo Benelli e Carlo Alberto Vailati, tutti cremaschi d.o.c.
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