per essere ripristinati nel 1896 e celebrati ad Atene
Era il 776 a. C. quando in Grecia, nella città sacra di Olimpia, nacquero i giochi che presero il nome da questa località dell’Elide nel Peloponneso e che vennero poi celebrati ogni quattro anni.
Essi prevedevano una tregua di tutti i conflitti in atto per permettere la partecipazione degli atleti provenienti da tutto il mondo greco, purché di condizione libera. Ne erano escluse, oltre agli schiavi, le donne sposate, che non potevano parteciparvi nemmeno come spettatrici: la loro presenza - si è ipotizzato - non era ritenuta conveniente dato che gli atleti gareggiavano nudi o quasi. Questo non significa che non si celebrassero anche gare riservate alle donne. Ne dà notizia lo storico e geografo Pausania (II secolo d. C.) secondo il quale esistevano anche giochi femminili dedicati dea Hera (la sposa di Zeus) e per questo detti Herei. Le atlete vestivano un corto abito, il chitone; alla vincitrice erano assegnate una corona di ulivo selvatico, come agli uomini, e, inoltre, una porzione di bue. Ci è tramandato anche il nome di Cinisca, figlia del re di Sparta, come vincitrice nell’Olimpiade del 396 in una corsa coi carri trainati da quattro cavalli, unica specialità di cui potevano essere finanziatrici e organizzatrici anche le donne, e quello di alcune successive atlete.
La presenza femminile nelle gare secondo alcuni studiosi sembrerebbe confermata dalla copia romana di una statua greca, la “Corridrice nello stadio” conservata nel Museo Vaticano, un’immagine di fanciulla piena di grazia vestita di chitone che ha fatto pensare a un’atleta in atto di arrestare la corsa....
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