E’ una proposta ancora attuale quella dei Grest? Fa ancora presa su famiglie e adolescenti, in una società in cui tutto spinge all’isolamento e all’autodeterminazione? In questa intervista, don Francesco Fontana risponde tracciando un bilancio delle attività estive appena concluse negli oratori delle parrocchie diocesane. E mette a fuoco il nocciolo della proposta: «Crescere camminando insieme» per imparare che «ognuno è prezioso agli occhi di Dio». Non ha nemmeno paura, don Fontana, di domandare, retoricamente: «In quale altri luoghi si dà così tanta fiducia agli adolescenti da affidargli una responsabilità educativa?». Lo dice riferendosi alle centinaia di animatori che hanno gestito e guidato i grest col supporto dei coordinatori più esperti.
Responsabile della Federazione Oratori Cremonesi e della Pastorale Giovanile dicocesan, per dare ragione della sua soddisfazione finale don Fontana usa parole non scontate come «desiderio di compimento» e, addirittura, «miracoli».
Il tema del Grest 2024 è stato: “Via vai. Mi indicherai il sentiero della vita”. Perché questa scelta?
«Il cammino è una metafora della vita e della vita cristiana in particolare. Siamo in continuità con l’anno pastorale che abbiamo vissuto e con il Sinodo che la Chiesa italiana sta vivendo in questo tempo. Sinodo significa “camminare insieme”. Ci è sembrato significativo proporre anche ai bambini lo stesso tema».
Quale meta si è raggiunta in questo cammino?
«Sicuramente il cammino ha una meta, altrimenti sarebbe un girovagare inutile. Ma il cammino non è neanche una gita, che si prefigge una meta raggiunta la quale tutto finisce. Abbiamo proposto un’esperienza più profonda. Potremmo dire che la meta del cammino è il camminare stesso, è il crescere insieme. È l’esperienza complessiva del Grest. È il fatto di aver condiviso del tempo, degli incontri, pregato, riso, giocato e ballato insieme. Che cosa abbiamo raggiunto? Adesso siamo più grandi e più pronti per camminare insieme nella vita».
Due dei fattori caratteristici del Grest sono “gioco” e “comunità”. Perché?
«Il gioco è lo strumento tipico con cui i bambini si approcciano alla vita, affrontano il mondo e incontrano gli altri. Il gioco è proposto in un contesto comunitario, non fatto in modo auto-organizzato, è l’esperienza vissuta all’interno di una comunità. La comunità significa incontro con gli altri, che chiamiamo “fratelli”, perché così ci ha insegnato Gesù, e attraverso i quali incontriamo Gesù stesso, che si rende presente dove “due o tre sono riuniti nel mio nome”».
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