Il tema della fusione tra Comuni è particolarmente caro a chi questa procedura l’ha sperimentata in prima persona. È il caso di Matteo Guido Priori, sindaco di Piadena Drizzona, eletto pochi mesi dopo l’avvenuta unificazione, secondo cui «si tratta di un’esperienza più che positiva», evidenzia. «Certo, ci sono state delle difficoltà, ma ogni cosa si può risolvere». Tra queste, il problema del nome delle vie, che spesso sono le stesse nei due Comuni. «Ma non è necessario stare a cambiare tutto, basta specificare la località, e il problema non si pone», sottolinea ancora Priori.
Ma cosa rende la fusione così importante?
«Dopo 4 anni e mezzo che amministro in questo nuovo sistema, posso dire che solo la fusione può salvare i piccoli comuni. Prima di tutto per una questione economico-finanziaria. Da sole le amministrazioni non ce la fanno più. Invece, in questo modo arrivano fondi che sono un importante polmone d’ossigeno, in un periodo in cui si è tutti alla canna del gas».
Quanto è gravoso gestire più comuni fusi tra loro?
«E’ ovvio che l’amministrazione non può dormire sugli allori ed è necessario far quadare i conti. Veniamo da comuni singoli in cui la situazione finanziaria non era delle più rosee».
Quali sono i punti di forza?
«Sicuramente dal punto di vista organizzativo la fusione è molto utile, primo perché si hanno uffici più performanti, secondo perché si diventa più appetibili per eventuali dipendenti. Ricordo che al giorno d’oggi è molto difficile trovare personale nei piccoli Comuni, e lo è ancora di più se non si è strutturati e ben organizzati. Chi arriva in una piccola realtà poco strutturata, solitamente non vi rimane a lungo e cerca sempre di meglio. E avere degli uffici maggiormente organizzati aiuta anche a offrire servizi sempre più performanti. Insomma, tutta la macchina funziona meglio».
Oggi però sembra che si stia andando in direzioni diverse da quella della fusione…
«Prima è saltata per Torricella e Gussola, ora non ce l’hanno fatta neppure San Daniele e Pieve D’Olmi. Credo sia preoccupante, e sintomo che siamo ancora un’Italia divisa. Nel 2023 ci troviamo davanti a una mentalità ancora campanilistica. Quando già in passato si era capito che il troppo piccolo non funziona: ho una carta storica del 1865 in cui si vede come certi comuni eran stati (...)».
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