«Ho sessant’anni, vengo da Genova e trent’anni fa ho sposato mio marito, che è cremonese». Paola Tacchini si racconta davanti a un cappuccio e non fatica a dire di sé e del suo personale «cammino» iniziato con la scoperta del tumore al seno. Non c’è leggerezza. Ci sono coscienza e preoccupazione, semmai. «Perché io voglio bene al mio ospedale», dice. Paola arriva a Cremona nel 1992 («A settembre 2022 erano 30 anni di mia presenza qui»), gli nascono due figli (uno vive e lavora in Svizzera, l’altro volerà presto all’estero «perchè è ricercatore») e fa alcuni lavori saltuari. Finché decide di occuparsi a tempo pieno della famiglia. «E siccome sono incapace di stare con le mani in mano ho fatto e faccio volontariato, in oratorio e in campo sociale. E mi sento una cittadina del mondo. Anzi, mi definisco una “open mind”». Volontariato, ma anche politica: Paola è impegnata attivamente con il Movimento 5 Stelle. Gli imprevisti, però, arrivano presto. «Conosco bene l’ospedale – dice Paola –. Non solo perché lì sono nati i miei figli, ma anche perché ho sostenuto, con successo, due interventi per la cataratta». Poi, nel 2017, la notizia che nessuno vorrebbe ascoltare. «Mi ricordo perfettamente: ha fatto la mammografia di controllo a settembre. Qualche giorno dopo mi telefona un’infermiera di Area Donna, un’amica: “Paolina”, mi dice. “Dovresti tornare in ospedale...”. Beh, ti viene un colpo. Mi sono sentita il cuore in gola. Il giorno dopo ero là. Ho parlato con la dottoressa, che mi ha mostrato un’immagine simile all’universo e mi ha detto: qui c’è un addensamento, devi fare l’ago aspirato. Il risultato era: carcinoma in situ. E io chiedo a mio marito: sa fum?».
La scelta di fronte a cui si trova Paola è: trattare o operare? (...)
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