e riqualificazione dell'area
Gave rischio igienico sanitario. E’ questa la conclusione cui sono giunti i tre periti nominati dal gup Guido Salvini lo scorso dicembre per stabilire quali fossero le cause e la natura delle sostanze chimiche che hanno inquinato falde e terreni della raffineria Tamoil. I tre esperti, i chimici Roberto Monguzzi e Mauro Sanna e il geologo Bruno Grego, hanno consegnato nei giorni scorsi i risultati della perizia e ora non vi sono più dubbi. Ad inquinare la falda superficiale ed intermedia, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento, sarebbe stata la stessa raffineria Tamoil: la prova che l’inquinamento non sarebbe solo storico, come invece sostenuto dai legali di Tamoil, starebbe nel fatto che tra le sostanze di origine petrolchimica presenti, ci sarebbero benzene, idrocarburi e benzina verde con livelli di concentrazione tali da costituire un pericolo per la salute. L‘inquinamento da benzene, toluene ed idrocarburi sotto la raffineria sarebbe elevatissimo, e quindi il terreno difficilmente bonificabile per cui anche la ipotizzata reindustrializzazione dell’area apparirebbe quasi impossibile. I tre esperti avanzerebbero anche dubbi sui pozzi del Dopolavoro Ferroviario e della Bissolati che, anche se non contaminati, sono all’altezza della falda intermedia che però è contaminata. Questo pregiudicherebbe l’uso di queste acque.
Il prossimo 24 settembre si celebrerà con rito abbreviato il processo “madre” della Tamoil e quindi le perizie dei tecnici del gup saranno rese pubbliche e confrontate con quelle dei consulenti Tamoil e delle parti civili.
I periti nella loro analisi confermano quanto già aveva rilevato l’Arpa nei vari monitoraggi effettuati sui piezometri tra il 2007 ed il 2011.
Dal momento della sua messa in funzione la barriera idraulica realizzata per impedire la migrazione dei contaminati, attraverso le acque di falda, al di fuori del sito, composta da 15 pozzi allineati a 60 metri l’uno dall’altro, realizzati lungo il perimetro esterno, ha trattato fino ad oggi 14 milioni di metri cubi di sostanza emunta e 387 mila chili di idrocarburi. Fino ad ora si sono svolte 8 campagne di controllo ed un’altra è partita ad aprile. Ma la perizia presentata dagli esperti nominati dal gup Guido Salvini pone anche altri pesanti interrogativi sul futuro dell’area. ll procedimento autorizzativo per procedere alla bonifica dell’area è infatti bloccato al Ministero dello Sviluppo economico che non ha ancora convocato la relativa conferenza dei servizi. E non vi sono neppure certezze in merito all’intenzione di farlo. Di conseguenza i lavori per lo smantellamento degli impianti, legati alla messa in sicurezza operativa, sono bloccati perchè non è ancora pervenuta l’autorizzazione ministeriale. E si allontana la possibilità di concretizzare il progetto di reindustrializzazione delle aree interne.
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