se non ho mai mollato”
Voglio essere di ispirazione agli altri. Voglio che qualcuno mi guardi e mi dica: “È anche merito tuo se non ho mai mollato”. Tutto è già stato scritto in quel libro verità, dal titolo “Goals: 98 storie + 1 per affrontare le sfide più difficili”. Era il dicembre 2018. In un’intervista ad Aldo Cazzullo, per l’articolo più letto di tutto l’anno sul Corriere della sera, Gianluca Vialli aveva raccontato la sua malattia. La novantanovesima storia era la sua. Un racconto a cuore aperto che riletto, commuove sempre quando ne parla con le sue bambine e racconta quel sogno, d’altri tempi, di portarle entrambe all’altare.
Da calciatore, Gianluca è stato uno degli ultimi grandi a meritarsi un soprannome da Gianni Brera: Stradivialli. È stato uno dei protagonisti dell’epopea della squadra grigiorossa allenata da Mondonico, tra il 1982 e il 1984, per lui dai 18 ai 20 anni. Dunque: la promozione buttata a Varese con 12 mila tifosi grigiorossi al seguito, gli spareggi di Roma, poi la promozione l’anno successivo con il 3-0 al Varese e l’indimenticata partita finale con il Palermo. Lo cercava la Juve, Boniperti assillava Luzzara, ma la spuntò la Sampdoria di Paolo Mantovani che stava costruendo la squadra dello scudetto. E la prima giornata del campionato 84-85 era in campo, in coppia con Trevor Francis, in quel Sampdoria-Cremonese. Mancini, per l’occasione, era stato spedito in tribuna. Ad affrontarlo, sulla fascia destra, Viganò e Garzilli. Non segnò in quell’occasione, ma ai grigiorossi segnò uno dei suoi gol più belli, allo Zini in rovesciata nel gennaio del ’96.
Gli ultras della Cremonese l’avevano fischiato per un breve periodo: la sua colpa era di aver sbagliato un calcio di rigore che, indirettamente, aveva favorito il Cesena guidato da Marcello Lippi, poi suo allenatore alla Juve. Vujadin Boskov aveva commentato dicendo che ogni tifoso della Cremonese avrebbe dovuto avere una figurina di Vialli nel taschino. Lui, a più riprese, ha dichiarato il suo affetto per la Cremonese....
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