di Castiglioni e Cavaglià
Scrivere o digitare? Potrebbe essere un interrogativo retorico, ma la speranza volge timidamente a un recupero della felicità di essere umani. Perchè la felicità è una condizione complessa, in cui anche i più piccoli gesti, quelli che una volta appartenevano alla spontaneità, hanno un loro significato, un ruolo importante.
Da qualche millennio appartiene alle attitudini dell’essere umano il rappresentarsi e il comunicare, anche in modo fideistico con una storia che forse sarebbe venuta, attraverso dei segni tracciati con le mani e con le protesi strumentali appositamente elaborate in ogni periodo. Ai primordi segno e disegno erano la stessa cosa, erano una rappresentazione che per immagini che via via si stavano in qualche modo codificando fondavano il concetto di linguaggio trasmissibile, i fondamenti della lingua scritta. Poi i disegni si trasformarono in segni, in parole fatte di lettere o di disegni stilizzati. Non è questo il luogo per trattare dell’evoluzione della lingua scritta, ma è importante evidenziare che il tutto passava attraverso due gesti fondamentali: tracciare con più o meno facile manualità gli elementi grafici della comunicazione e progettare gli strumenti per tracciare questi elementi, quelle che abbiamo definito protesi strumentali. Dai frammenti di roccia che incideva una superficie, alle terre o ai liquidi organici che lasciavano tracce colorate, alle punte per incidere le tavolette di cera ai pennelli per condurre il tratto del colore...
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