Le donazioni che sono giunte e proseguono ad arrivare all’Associazione “Uniti per il territorio della provincia di Cremona” sono molto numerose e di entità spesso elevate. Vi attendavate una risposta così corale e questa spiccata sensibilità?
Sappiamo sicuramente che in questo territorio è molto forte il senso corale di intervento e di umanità; lo abbiamo dimostrato anche in questa circostanza di grande emergenza dove sia i singoli cittadini ma anche le imprese hanno saputo, e sanno tutt’ora, lasciare segnali importanti.
Prova di grande responsabilità e senso civico l’immediata adozione e in certi casi prima delle disposizioni degli enti preposti di tutti i protocolli sanitari di prevenzione che, aspetto a volte trascurato, per le aziende gia in difficoltà rappresenta un ulteriore onere sia pur sostenuto con convinzione, poiché nessuno rimborserà tale centro di costo.
Siamo sempre stati dell’idea che le imprese abbiano utilizzato presidi igienici e di sicurezza per mettere in sicurezza il personale ancor prima che il protocollo imponesse tali misure di salvaguardia come vincolanti all’operatività delle fabbriche. Certo permane ancora, per alcuni versi, la difficoltà di trovare alcuni dispositivi oggi fondamentali. Lo sforzo deve andare, invece, nella direzione di garantire la salvaguardia delle persone anche attraverso la reperibilità di presidi come mascherine, gel igienizzanti, camici etc.
Siamo però certi che le fabbriche sul nostro territorio siano luoghi sicuri dove si seguono protocolli di sicurezza.
Fantasia e genio italico: numerose aziende, anche in provincia di Cremona, stanno riconvertendo la produzione per contribuire alla emergenza COVID19. Un sintomo anche di vitalità, di voglia di combattere e di ricominciare.
Molte aziende hanno riconvertito parte della loro attività per fronteggiare l’emergenza, penso ad alcune aziende cosmetiche o tessili della nostra Provincia. Purtroppo la burocrazia non ci aiuta perché le imprese, anche in casi di riconversione legati ad un’urgenza come questa, devono attendere certificazioni ed autorizzazioni. In questi casi le procedure andrebbero seriamente accelerate e snellite, il tempo è poco. Sarebbe fondamentale superare i lunghi iter burocratici.
Dibattuto il tema della chiusura totale delle aziende: fare tutta l’erba un fascio non è mai saggio. A determinate condizioni numeriche, di adeguate casistiche logistiche di spazi e luoghi, di stretta osservanza dei presidi sanitari, il fatto che alcune aziende possano gradualmente riprendere risponde a molteplici esigenze: mantenere in vita l’azienda, i posti di lavoro, pagare gli stipendi, alimentare minimamente l’indotto e contribuire a tenere acceso il motore dell’economia nazionale.
L’Italia è l’unico Paese che ha fermato le attività salvo una serie di attività considerate essenziali. La nostra idea era quella di lasciare spontaneamente la libertà delle imprese di fermarsi o meno condizionatamente all’utilizzo di tutti i presidi di sicurezza e di igiene necessari. Chi non era in regola andava fermato.
Il rischio che corriamo oggi è molto serio: se non gestita bene questa fase economica potrebbe portare a danni enormi come la recessione e la totale depressione dell’economia.
In un Paese come il nostro, dove la manifattura la fa da padrone, ci auguriamo che le imprese possano riprendere la propria attività quanto prima perché i danni irrevocabili dell’economia non li recupereremmo più.
Quale potrebbe essere la fase due di questa situazione?
Probabilmente la fase due dovrebbe già essere iniziata. Ci sono tre punti principali sui quali dovremmo focalizzarci credo. In primis oggi dovremmo disporre di sistemi di prevenzione certi, ovvero test rapidi per verificare e valutare le condizioni delle persone; modalità quindi che ci permettano effettuare verifiche sui grandi numeri.
Sarebbe poi fondamentale non indebolire il sistema economico e tornare quindi nell’arco di poco a riaprire le fabbriche purché siano sicure.
Infine sarebbe necessaria una strategia comune che rimetta grande liquidità negli Stati per cittadini, famiglie, imprese onde evitare che questa situazione si trasformi davvero in una crisi ingestibile.
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