Gentile Direttore,
Le scrivo in merito al servizio pubblicato venerdì da Mondo Padano a proposito del glifosato.
Allego alcune considerazioni da parte di un’associazione come la nostra che a livello locale si occupa di cibo, agricoltura, ambiente e stili di vita e che nel suo piccolo ha contribuito a raccogliere le firme per la messa al bando del glifosato.
• Il glifosato è l’erbicida più utilizzato al mondo e lo si ritrova con un’alta frequenza nelle acque superficiali in concentrazioni superiori ai limiti di sicurezza. Il glifosato è inoltre presente nel 10,9 % dei campioni alimentari controllati a livello europeo (EFSA 2014);
• nel 2012, nelle acque superficiali italiane, il glifosato e il suo metabolita AMPA (il cui monitoraggio viene effettuato solo in Lombardia), sono rilevati con frequenze rispettivamente del 18% e del 47% (Rapporto ISPRA 2014);
• nel marzo 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) pubblica una sintesi della valutazione di cancerogenicità di alcuni pesticidi, inserendolo formalmente il glifosato nella classifica dei “probabili cancerogeni per l’uomo” (categoria 2A);
• una mole di evidenze scientifiche, sia sperimentali che epidemiologiche, documenta che l’esposizione cronica ai pesticidi può essere all’origine di alterazioni a carico di svariate strutture dell’organismo umano. Tra queste, i sistemi nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio;
• le imprese produttrici di pesticidi rispondono con campagne mirate a screditare il parere tecnico-scientifico espresso da IARC. In palio c’è il rinnovo dell’autorizzazione commerciale dell’erbicida;
• l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) pubblica un Report secondo il quale “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo”, parere che risulta sostanzialmente confermato dal Panel WHO-FAO del 2016;
• tra IARC e EFSA si apre una disputa sul livello di cancerogenicità del glifosato;
• la Commissione Europa interpella l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), che
nel 2017 classifica il glifosato come non cancerogeno;
• il dibattito si infiamma: Christopher Portier, tossicologo di fama mondiale, recapita una
lettera al presidente della Commissione Europea nella quale sostiene che le conclusioni dell’ECHA sarebbero state raggiunte partendo da studi realizzati dalle stesse industrie produttrici e denuncia il conflitto di interessi che coinvolge direttamente i coordinatori del Panel WHO-FAO;
• anche ISDE Italia, che aveva già stigmatizzato l’approccio pregiudiziale di EFSA (accusata di ignorare in maniera del tutto arbitraria risultati di letteratura metodologicamente rilevanti), giudica in modo critico l’iniziativa congiunta WHO-FAO, riscontrando un grave limite nel valutare con la dovuta obiettività le conoscenze scientifiche oggi disponibili sugli effetti del glifosato.
Il dibattito quindi è tutt’altro che concluso.
Come cittadini attivi e consumatori critici (impegnati nella raccolta delle oltre 1.300.000 firme depositate alla Commissione Europea per chiedere la sospensione del glifosato), riteniamo che il nostro compito sia quello di vigilare affinché il confronto poggi su dati scientifici rigorosi, facilmente accessibili e verificabili, e non su interessi di parte.
Per tutte le sostanze i cui effetti siano ancora poco chiari, in fase di studio, o del tutto sconosciuti, chiediamo una regolamentazione ispirata al Principio di Precauzione.
Contrariamente a come (troppo spesso) veniamo rappresentati, non siamo una accozzaglia di idealisti. Ci rendiamo perfettamente conto che il cambiamento non può essere scaricato su unico soggetto (in questo caso gli agricoltori). Proprio per questo riteniamo più che mai necessaria una politica agricola che su scala nazionale ed europea incentivi e sostenga la transizione verso modelli di produzione eco-sostenibili.
Concludiamo con queste parole, che sentiamo particolarmente calzanti per una realtà, come la nostra, che ha il proprio DNA nelle pratiche di consumo responsabile e negli stili di vita sostenibili:
“Lo sviluppo di reti locali di economia ecologica e dei circuiti commerciali solidali costituisce il punto di partenza di un percorso virtuoso in direzione della completa eliminazione dei pesticidi dal sistema agroalimentare nazionale ed europeo.
Alla luce delle conoscenze odierne in materia di rischio per la salute umana, anche i singoli cittadini sono chiamati a contribuire al cambiamento. Ogni consumatore può adottare comportamenti alimentari responsabili e misure molto semplici per ridurre l’esposizione ai pesticidi, minimizzando al tempo stesso i rischi per sé e per i propri congiunti. Infine, le comunità rurali, di concerto con i portatori di interessi e con le organizzazioni presenti sul territorio, hanno il diritto/dovere di sollecitare le istituzioni pubbliche a predisporre adeguati programmi di prevenzione sanitaria e di riduzione della contaminazione chimica delle matrici ambientali, in un quadro di interventi inderogabili per la tutela della salute pubblica.”
(Pesticidi, pratiche agricole, ambiente e salute – Position Paper ISDE)
© Riproduzione riservata
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