il destino di morte con l’amore
In Italia è proprio il crisantemo il fiore che, di preferenza, si porta tradizionalmente sulle tombe, probabilmente perché fiorisce in novembre, dunque nel periodo in cui cade la giornata dedicata alla commemorazione dei defunti. Di qui l’associazione di questo bellissimo fiore (di cui esistono oltre duecento specie) all’idea di morte, presente anche in una composizione musicale di Giacomo Puccini, l’elegia per quartetto d’archi intitolata “Crisantemi” (1890) ispiratagli dalla morte del duca d’Aosta.
Non così in tante altre parti del mondo, a cominciare dall’Oriente, dalla Corea alla Cina al Giappone, dove il fiore viene donato o impiegato per festeggiamenti, dai matrimoni ai compleanni; in Giappone, di più, è considerato il fiore ‘nazionale’. Ma anche in altre zone del globo, dal Regno Unito all’Australia agli Stati Uniti, il crisantemo è comunque simbolo ed espressione di gioia e di amore e accompagna liete ricorrenze, come segno di vita, e non di morte. E, poiché l’uomo ha un intimo atavico bisogno di codificare, per così dire, gli eventi - felici o dolorosi che siano - trasponendone l’essenza e il substrato di pulsioni e sentimenti in narrazioni fantasiose - quelle che i greci denominavano ‘miti’ -, a proposito del crisantemo e del suo portato positivo di significato non si può ignorare una delicata leggenda, presente nel patrimonio tradizionale giapponese, ma anche altrove con alcune varianti, e modificata a seconda delle credenze religiose, ma ‘una’ nella sostanza del messaggio: la speranza di vincere il destino di morte con l’amore.
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