Definire con buona precisione che cosa oggi Rosa Ventrella rappresenti, in termini professionali, appare un esercizio tutt’altro che agevole. Senza dubbio, va subito specificato che non si tratta di una “semplice” scrittrice, quanto piuttosto di un’autrice completa e versatile che, in virtù di un successo sempre più crescente (in libreria come sul piccolo schermo, là dove il pubblico ha imparato a conoscerla e ha iniziato ad apprezzarla), sta affermandosi come una delle “voci” più autorevoli della scena letteraria declinata al femminile (tanto in patria quanto all’estero). A riprova della sua compiutezza, vale la pena di citare il suo romanzo più recente, “I bambini di Haretz” (fresco di stampa, e pubblicato nel catalogo della casa editrice “Mondadori”), in cui - è Ventrella stessa a sottolinearlo - «la storia reale e la fiction si mescolando, reinterpretando la realtà». Se già le opere precedenti avevano colto nel segno, soddisfacendo appieno i gusti dei lettori così come dei critici più intransigenti per la bontà dell’intreccio e per la (ottima) caratterizzazione dei personaggi, la scrittrice aggiunge un plus alla sua produzione scegliendo di raccontare, con lodevole verosimiglianza, una vicenda toccante risalente alla Seconda Guerra Mondiale. «Come spesso accade, l’idea da cui un mio libro prende le mosse nasce, più o meno, per caso. È stato proprio il caso a guidarmi, tempo addietro, quando ho letto un articolo sopra un giornale locale in cui si accennava al passaggio da Cremona di un gruppo di bambini ebrei provenienti dal campo di Selvino, prossimi a essere imbarcati alla volta di Israele. Il piccolo Comune della provincia di Bergamo rappresenta un luogo assai importante per quanto concerne la nostra memoria storica: è qui che, il 27 ottobre 2019, è stato inaugurato il Museo Memoriale di Sciesopoli Ebraica - Casa dei Bambini di Selvino...

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Fabio Canesi

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