che racconta anche un’intera epoca
“Semplicità grandiosa e moderna nello sviluppo architettonico” così, nel 1935, la Commissione d’Arte sacra commenta e approva il progetto del complesso di Sant’Antonio in Sant’Ambrogio di Giovanni Muzio. Queste parole ancora oggi, a distanza di decenni, aiutano nella comprensione di un edificio sacro che rimane un punto fermo nel panorama dell’architettura contemporanea locale e che porta la città all’interno del dibattito nazionale sul tema.
Per comprenderne il significato, è utile partire dall’inizio, riscoprire le radici di un progetto che nei nomi, nel periodo e nelle dinamiche tra le parti, permette di incontrare persone e valori che raccontano un’intera epoca.
Da un lato, la storia della chiesa dedicata ad Ambrogio, che nel tempo cambia collocazione e nel XVIII secolo arriva in prossimità della attuale: come ricorda lo storico Grandi, in seguito ai bombardamenti francesi, viene rifabbricata proprio a partire dal giorno di Sant’Ambrogio. Dall’altro lato, il ritorno dei francescani come parte del piano del vescovo Cazzani che intendeva riportare in città comunità religiose maschili, ridotte dalle soppressioni di fine ‘700 e inizio ‘800. Dal 1924 il vescovo desidera ripristinare un convento di Frati Minori allo scopo di diffondere la spiritualità francescana e prendersi cura di una parrocchia.
La scelta cade su Sant’Ambrogio: parrocchia di un quartiere suburbano in forte espansione, dotato di una posizione strategica a ridosso della campagna, delimitato dalla ferrovia e attraversato da importanti collegamenti verso Milano, Bergamo e Mantova. Negli anni l’agricoltura prospera e nascono alcune interessanti realtà come la Negroni, Miglioli, Cavalli e Poli, Armaguerra, Nastrificio Alquati. Il ritmo di sviluppo è rapido e il quartiere cresce in modo disordinato, tra campi e fabbriche intorno alla chiesa di Sant’Ambrogio, ormai troppo piccola e malandata....
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