moglie e compagno si autoaccusarono del delitto
Pur non potendo essere considerato un “cold case” in senso stretto, il delitto avvenuto a Grumello Cremonese il 14 marzo 1948 lascia sgomenti per la paradossale conclusione dell’inchiesta, che non riuscì ad individuarne con precisione l’autore materiale. Vi fu infatti un colpo di scena finale, quando l’inchiesta sembrava ormai chiusa, che rimescolò del tutto le carte, ed anche se si giunse alla conclusione del caso, grazie al fatto che uno dei due accusati se ne assunse l’intera responsabilità, il dubbio su chi sia stato effettivamente l’autore materiale del delitto resta. Il processo in Corte d’Assise celebrato settant’anni fa, seguito da migliaia di persone assiepate anche lungo i corridoi ed accalcate nel tratto di strada tra le carceri di via Jacini e la sede del Tribunale, fu un evento che occupò per giorni le pagine dei giornali.
Sono le 22.30 di domenica quando la moglie Lina trova riverso nella cucina della propria abitazione il marito Giuseppe Schiavi, agricoltore trentottenne, con il cranio fracassato in due punti e varie ferite ed escoriazioni sul corpo. Tracce di sangue imbrattano la cucina, la stretta scala che conduce alla camera da letto e le stesse federe e lenzuola. Il cadavere dell’uomo è coperto da una corta camicia da notte. Si ricostruisce la possibile scena del crimine: sembra che l’agricoltore sia stato sorpreso nel sonno, colpito una prima volta, seppur non mortalmente, ed abbia poi trovato la forza di reagire mentre l’assassino avrebbe infine avuto la meglio...
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