un nuovo caso di "Delitti irrisolti" nella nostra provincia
Può sembrare strano che, in una città relativamente tranquilla, possano avvenire nel giro di pochi anni quattro delitti che restino senza colpevoli, ma una spiegazione forse c’è: cent’anni fa a Cremona non vi era neppure la Questura, ma un semplice commissariato con poche stanze a disposizione, ritenute sicuramente più che sufficienti per una città dove, fino a quel momento, a memoria d’uomo i fatti di cronaca nera si erano limitati alle imprese di qualche ladruncolo. Il commissario era Luigi Rebecchi, una vera e propria istituzione cittadina: religiosissimo, trascorreva nelle chiese cittadine il tempo lasciato libero dal suo lavoro. Forse fu per questo che quando, agli inizi del 1919, in un negozio in fondo a corso Garibaldi avvenne un furto di quasi mille lire ed il commissario non mise in piedi un’indagine degna di questo nome, su pressione del giornale venne trasferito nel giro di una settimana, nominato in febbraio commissario di seconda classe a Sondrio. Al suo posto arrivò il commissario Umberto Wenzel descritto come “un ometto con la barba, pieno di foga e di mania reclamistica. Gli elogi da pubblicare sul giornale, preferiva scriverseli lui”.
Si racconta che girasse in città travestito da facchino o da meccanico, ma venisse regolarmente riconosciuto, tuttavia, nonostante questo, pretendesse che si travestissero anche i suoi collaboratori: il funzionario delegato Orengo, “voluminoso come Falstaff” doveva passeggiare vestito da autista; Peralta, già anziano, da sacerdote “e i pregiudicati - aggiunge maliziosamente il cronista - quando li incontravano, li salutavano rispettosamente e chiedevano loro se avessero bisogno di qualcosa”. Rifiutò sempre qualsiasi tipo di travestimento il vice commissario Leone Ferdinando Santoro della polizia politica, in procinto di un trasferimento a Roma, richiamato dal ministero dell’Interno, che, in realtà, non sarebbe avvenuto...
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