Navigando tra le sale sulla punta delle dita
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Il Museo del Violino (GUARDA L'ANTEPRIMA VIDEO) non è una semplice esposizione: è una vera e propria esperienza sensoriale che guida ogni visitatore, anche il meno preparato, nelle sale dei capolavori attraverso un percorso di scoperta del mondo della liuteria che coinvolge grazie a un suggestivo impianto multimediale e interattivo. Un “viaggio” che abbiamo affidato a un nostro giornalista che non ha particolari conoscenze nel settore.
Entrando non so esattamente cosa aspettarmi. Lo ammetto, il timore di arrivare impreparato all’incontro con i violini è reale. Le prime note della sinfonia introduttiva distraggono piacevolmente dalle aspettative, dal viaggio e dagli appuntamenti della giornata. Mi infilo nelle cuffie dell’audio guida.
Il viaggio inizia dalle “Origini del violino”, sala uno. La luce indica un tunnel con le pareti scure: l’ampiezza del palazzo e delle stanze si raccoglie. A destra e a sinistra si alternano modelli di proto-violini e monitor con immagini fisse. Dieci schermi che si animano, uno alla volta, al mio passaggio. Sensori di posizione, mi spiegheranno poi: il Museo mi “vede” e si accende.
Tra gli strumenti progenitori mi colpisce la forma della violetta, con i suoi spigoli e la “pancia” poligonale. Seguo le spiegazioni dell’audio guida. Finiscono e torna la musica.
Uscendo dal tunnel la ricostruzione del fondo di violoncello “King” di Amati attira l’attenzione sull’oggetto, la sagoma e le decorazioni. L’intreccio fra antica tradizione (l’originale è del 1561) e impianto multimediale scorre fluido, non disturba. Plasma e legno.
È un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. La sala due è la “Bottega del liutaio” e c’è... una bottega di liutaio. Vera. Una stanza ricostruita in una sorta di cubo con pareti trasparenti (durante le visite ci sarà un professionista al lavoro) che profuma di laboratorio. Ci sono scaffali con i vasi delle essenze, gli attrezzi, i materiali, violini in costruzione. Mi sporgo da una delle finestre aperte sul lato destro: l’olfatto, che in un museo entra impreparato. Per questo rimane colpito. E anche quando mi allontano lasciando la bottega alle spalle, l’odore caldo del lavoro con il legno rimane.
Anche quando lo scenario cambia e si fa più plastico tra i quattro tavoli multimediali con schermi verticali disposti “a fisarmonica”. Un flusso di immagini continuo in un effetto di luci e materiali quasi futuristico: le mani degli artigiani che cesellano, levigano, verniciano. Emergono i dettagli. Come un segreto svelato.
La tecnologia touch screen coinvolge, dà la sensazione di “fare”. Toccando con il dito il monitor che si muove sento il museo adattarsi: cambio schermata, ritorno, apro la cassa del violino, la ruoto nelle tre dimensioni. Mi accorgo che involontariamente sto seguendo le rotazioni grafiche con il corpo, piego la testa. “Sono” dentro.
L’audio guida continua ad accompagnare i miei passi: il riccio, la tastiera, la tavola armonica... Vedo le forme, le tocco, mentre un filmato in alta definizione mostra in pochi minuti tutti i passaggi che in mesi di lavoro trasformano il materiale grezzo in un’opera d’arte. La tecnologia sfruttata dal Museo del Violino è bella e funziona. Si muove sotto il dito, via via più sicuro.
C’è poi un violino di scuola. Grezzo, come in lavorazione. Lo tengo tra le mani, lo “peso”, lo rigiro nelle tre dimensioni. Il reale e il virtuale in continuo dialogo. Il Museo chiede di scegliere una parte del violino: capotasto e ponticello. Appoggio la tavoletta grafica su un quadro illuminato, lo schermo “risponde”. Poi provo un’altra parte del violino, un’altra. Tutte. Riprendo tra le mani il modello e le ritrovo, di legno, con un peso e una consistenza.
Proseguo. Attraverso le sale che raccontano le storie. Ci sono nomi, date, le famiglie (Amati, Guarneri, Stradivari) e le vie dell’insula dei liutai. La vecchia Cremona proiettata su una grande parete a led. Ci sono delle “scatole magiche”, ci guardo dentro e la riconosco: la mia città. Com’era, certo, ma è facile ormai immaginare la musica e i profumi di legno lavorato per le strade senza macchine e autobus. È una lezione di storia, ma toccando i monitor, voltando le pagine in 3d, muovendosi lungo le piante virtuali... è tutta un’altra storia. Mi diverto.
La musica cambia, immagini di concerti su un maxischermo. Mi siedo qualche minuto.
La musica cambia ancora, si fa più “soffice”, d’atmosfera. Ecco i capolavori. Mi fermo, premo il numero corrispondente sull’audio guida e ascolto il suono. È il violino che vedo - Stradivari, Guarneri, Amati... - e ne sento la voce. Mi stupisco di riuscire a cogliere le differenze: sfumatore sottili. Per un “profano” come me è una questione di impressioni. È l’arte, mi dico. Mentre passo, guardo, ascolto un altro capolavoro, un altro secolo, un altro nome. Un po’ li temevo: adesso, però, li riconosco.
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