Geremia Cerri (Soresina, 1983) realizza mondi di carta trascinato dal flusso creativo. Non si pone obiettivi incoerenti con il suo essere e il suo sentire, ma si lascia guidare dal pennello, dalle atmosfere, dalla mano. Un po’ come l’acqua dei suoi colori.
Nato e cresciuto in provincia di Cremona, Geremia Cerri si approccia alla pittura, come mezzo espressivo solo nel 2014. La giovinezza trascorsa nella casa dei genitori pervasa da strumenti artigiani, libri d’arte, vinili e strumenti musicali, gli studi al Liceo Artistico con la sorella, la musica e soprattutto la chitarra elettrica, gettano in lui i semi di un’idea di creatività varia, multisfaccettata, che germoglia nella costruzione del suo particolare linguaggio pittorico. Un linguaggio fatto prevalentemente di acquerelli, ma anche di olio, carboncino, matite con i quali realizza un repertorio vasto ed eterogeneo di soggetti: accanto agli animali da cortile, si trovano infatti volatili e polpi, piante esotiche, vedute della campagna e scenari urbani. Non manca, ovviamente, la figura umana, sia nei ritratti, che nella sua quotidianità. Dettagli che Cerri coglie nella loro essenza e che, con l’esperienza e la maturità, sintetizza in un segno grafico netto, pulito, preciso.
Alla vigilia della sua prima mostra personale in una prestigiosa galleria milanese, ho chiesto a Geremia Cerri di parlarmi meglio del suo lavoro, ma soprattutto di come si svolge la sua ricerca. Ciò che ne è uscito è un ritratto d’artista deciso, che si lascia guidare istintivamente dagli elementi creativi che ha a disposizione e che, all’occorrenza, si fa anche un po’ alchimista.
Cosa ti ha spinto verso la tecnica dell’acquerello?
«La scelta dell’acquerello come principale tecnica della mia produzione è ricaduta per la praticità che può offrire: colori all’acqua che asciugano rapidamente e che mi permettono di dipingere en-plein air in maniera meno impegnativa rispetto all’olio. Molte persone reputano questa tecnica la più difficile tra le (...)».
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