Dietro la finestra, si intuiscono momenti di vita quotidiana. Solo un accenno, poi la tapparella si abbassa e il mondo “dietro” ritorna inaccessibile. Sono le nostre case, le nostre vite, a volte nascondono segni di disagio, ancora troppo spesso di violenza nei confronti delle donne, dei minori... vite accompagnate da paura, vergogna e silenzi. «La telecamera indaga senza indugiare dentro le case, il nostro obiettivo fin da subito era portare fuori le donne... farle uscire allo scoperto rompendo quel muro di silenzio che, come spiega nel documentario il procuratore di Tivoli, ricorda molto quello delle dinamiche di mafia».
Abbattere i muri del silenzio, dunque, è un primo passo verso “Un altro domani”, un domani senza più violenza di genere, ma anche discriminazioni e stereotipi, che si può superare solo attraverso l’informazione, la sensibilizzazione e un cambiamento culturale.
“Un altro domani” è il titolo del docufilm che Cristiana Mainardi, produttrice e sceneggiatrice cremonese, ha scritto insieme a Silvio Soldini, che firma anche la regia. Più di 100 ore girate con una piccola telecamera «per essere meno invasivi possibile» ora concentrati in un’ora e mezza di documentario che è un viaggio, a più voci, nelle relazioni intime per arrivare a riconoscere il primo seme della violenza. Un grande affresco all’interno del quale parlano le vittime, ma anche gli autori di violenza e gli operatori che ogni giorno si occupano di un problema drammaticamente attuale. «A dispetto delle tante libertà e progressi che sembrano acquisite a livello sociale - racconta Mainardi - in realtà la tematica sulla discriminazione e sulla violenza alle donne rimane incasellata in certe ricorrenze...
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