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11 ottobre 2013 12:55
Il rilancio di Cremona passa dallo sviluppo di Tencara
Nel corso dell'Assemblea degli Industriali al teatro Ponchielli, con l'intervento del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni e il vicepresidente di Confindustria, Aurelio Regina, il presidente degli Industriali di Cremona, Mario Caldonazzo, ha spronato la Regione a fare di Tencara un'area strategica per attirare nuovi investimenti
  • Assemblea Industriali Cremona
  • Maroni Confindustria Cremona
  • Industriali Assemblea Cremona

Con una disoccupazione giovanile superiore al 40% è il lavoro, secondo Mario Caldonazzo, presidente degli Industriali di Cremona, la priorità sulla quale investire. Come? Diminuendo la tassazione, facilitando l’ingresso dei giovani nelle aziende, impostando una vera politica industriale e guardando agli esempi migliori fuori dai confini nazionali. Per quel che riguarda Cremona le grandi sfide da vincere si chiamano Expo e Tencara, una vasta area potenzialmente strategica per il futuro del territorio. All’assemblea degli industriali che si terrà al Teatro Ponchielli l’11 ottobre, Caldonazzo inviterà Regione e Governo a compiere un cambio di passo.  


Presidente, Sindacato e Confindustria chiedono al governo di ridurre le tasse sul lavoro. Qual è, a giudizio degli industriali di Cremona, la priorità sulla quale ci si dovrebbe concentrare nei prossimi mesi?

Non sappiamo più in che lingua dirlo che l’unico provvedimento vero che potrebbe provocare l’inizio di una ripresa, anche se lenta, è quello della diminuzione del costo del lavoro e dell’attenuazione del cuneo fiscale.
Sono mesi che Confindustria lo sta ripetendo al Governo ed alle forze politiche: ben venga che lo si chieda anche insieme al Sindacato.
Una consistente riduzione del costo del lavoro non è più rinviabile non tanto per permetterci di essere competitivi con le economie dei paesi più aggressivi come Cina, Brasile, India, ecc., in quanto non potremmo mai essere competitivi con loro attraverso questa via, ma quello che più ci interessa è poter essere competitivi all’interno del Mercato Europeo che, non va mai dimenticato, è il nostro mercato domestico dove viene indirizzato il 70% delle nostre produzioni, anche delle aziende cremonesi.
Dobbiamo essere competitivi nei confronti della Germania, della Francia, dell’Inghilterra che attraverso interventi appropriati in questi anni ci hanno surclassato.

Il governo ha agito nella giusta direzione o vi aspettavate qualcosa di meglio o diverso?

Nella situazione di guerriglia politica a cui assistiamo da mesi penso che tutto sommato il Governo Letta sia riuscito a prendere provvedimenti anche di un certo interesse per il sistema delle imprese.
Sappiamo tutti che non sono sufficienti per innescare la ripresa e soprattutto per fermare l’emorragia occupazionale, ma abbiamo ben chiaro che se non vi è un accordo vero, politico che possa durare almeno buona parte della legislatura il Governo non riuscirà mai ad essere incisivo e noi non sapremo cogliere i timidissimi segnali di miglioramento che si stanno palesando in queste settimane.

Perché, seppur in modo diverso, Germania e Francia, i due grandi paesi manifatturieri d'Europa oltre all'Italia, hanno saputo, pur nelle difficoltà, difendere meglio gli interessi strategici nazionali, a cominciare dalle imprese e dal lavoro, mentre l'Italia sembra essersi rassegnata a diventare sempre di più terra di conquista?

Prima di tutto perché questi Paesi da sempre hanno un sistema istituzionale ed un sistema elettorale che permette loro di insediare governi stabili capaci di rassicurare i mercati finanziari.
Va detto inoltre che Germania e Francia hanno un debito pubblico consolidato enormemente inferiore al nostro, un sistema burocratico meno invasivo e più efficiente, un senso dello stato anche da parte dei cittadini più evoluto del nostro.
Per quanto riguarda la Germania va ricordato che i successi di questi ultimi anni sono il risultato di sacrifici, anche in termini di minor reddito disponibile, che i governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni hanno chiesto ai cittadini adottando riforme strutturali, soprattutto nel campo del lavoro.
Gli imprenditori italiani, almeno quelli che tutti i giorni cercano di tenere in piedi le proprie aziende, non sono certamente rassegnati, ma lavorare in condizioni al limite dell’impossibile, come succede nel nostro Paese, potrebbe portarli inevitabilmente anche a decidere di gettare la spugna.

Perché chi Governa questo Paese non riesce capire che solo la valorizzazione delle imprese e gli investimenti nel manifatturiero possono dare all'Italia e ai giovani un futuro di prosperità?

Ce lo chiediamo anche noi da tempo. Sono già diversi anni che nel nostro Paese non viene impostata una politica industriale degna di questo nome. Sono anni che quando occorre trovare risorse per tappare i buchi del debito pubblico si interviene aumentando la pressione fiscale sul sistema delle imprese.
Sono anni che non si mette mano in maniera definitiva alla riforma della Pubblica Amministrazione.
Tragga Lei Le conclusioni.
Se a questa indifferenza dei nostri governanti nei confronti del sistema manifatturiero aggiungiamo una certa cultura anti-industriale, che prende spunto spesso da ideologie vecchie e fini a se stesse, si può capire perfettamente quanto sia arduo, per non dire impossibile, per un qualsiasi imprenditore mettere in atto comportamenti virtuosi finalizzati ad incrementare sia in termini produttivi che occupazionali la propria attività.

Che cosa si dovrebbe fare per invertire il fenomeno della disoccupazione giovanile?

Davanti ad un fenomeno così imponente e così doloroso di disoccupazione giovanile non è più possibile intervenire con piccoli provvedimenti, o peggio ancora con provvedimenti di cortissimo periodo.
È necessario predisporre un programma di interventi legislativi solo finalizzati a risolvere questa lacerante problematica.
Non va mai confusa la necessità di permettere ai giovani di iniziare un percorso lavorativo, anche a termine e anche  attraverso consistenti agevolazioni date alle imprese, con la precarietà.
Se un giovane che si immette nel mercato del lavoro per la prima volta esprime capacità professionali indiscusse certamente, almeno per quanto riguarda il mondo dell’industria, non avrà un percorso di precarietà perché anche il suo rapporto di lavoro a tempo determinato verrà trasformato a tempo indeterminato.
È quindi non solo utile, ma necessario, che nei primi anni di lavoro il giovane venga valutato e scelto in funzione del merito e delle capacità che saprà esprimere.
Questa però non è precarietà, ma flessibilità.
Va infine sottolineato che, se le aziende non crescono, non possono creare nuovi posti di lavoro.
È talmente ovvio che tutti se lo dimenticano

La sfida del rilancio del territorio cremonese, anche nell'ottica dei benefici derivanti dall'Expo, è una sfida da vincere. Che cosa si sta facendo per far sì che Cremona possa essere protagonista alla grande manifestazione?

Direi che il nostro pur limitato sistema industriale la sfida l’ha già vinta.
I dati rilevati dalle ultime indagini della Camera di Commercio dimostrano in maniera inequivocabile come il nostro sistema industriale abbia meglio resistito di altri alla crisi e, soprattutto in termini di miglioramento delle esportazioni, è ai primi posti nella graduatoria lombarda e nazionale.
È quindi un sistema per la maggior parte sano che ha in se grandi potenzialità spesso inespresse.
Proprio l’Expo potrebbe essere un veicolo per far esprimere soprattutto al nostro sistema agro-industriale tutte le potenzialità che possiede.
Purtroppo siamo molto in ritardo, abbiamo dato l’incarico alla Camera di Commercio di elaborare un progetto di valenza economica che coinvolga le imprese, siano esse piccole o grandi, ma soprattutto metta in evidenza la qualità e la validità delle nostre produzioni agricole e agro-industriali.
Va altresì elaborato un progetto di carattere turistico e culturale che individui nel Museo del Violino, unico esempio in Italia e nel mondo, il fulcro di ogni manifestazione da programmare nei prossimi anni per attirare nel nostro territorio il maggior numero possibile di ospiti soprattutto stranieri.

Anche Cremona ha un vasto ed importante patrimonio di imprese, dalle più grandi e conosciute alle più piccole. Spesso si tratta di realtà di assoluta eccellenza che competono sui mercati internazionali a dispetto di tutti gli ostacoli e di tutte le difficoltà. Che cosa si può fare per aiutare le imprese cremonesi a vincere la sfida della competizione?

La prima cosa da fare è che gli Enti locali e l’opinione pubblica capiscano che le aziende sono un patrimonio da preservare, da comprendere e non da sfruttare o peggio osteggiare.
Già questo metterebbe gli imprenditori in una condizione di essere accettati e non sopportati.
La seconda è quella di aiutare in tutti i modi le imprese, soprattutto le più piccole, a mettersi in rete per riuscire ad essere più incisive nel penetrare i mercati internazionali.
Infine elaborare un programma condiviso di sviluppo del sistema industriale che possa non solo consolidare l’esistente, ma attirare imprenditorialità da altri territori.

Spesso si citano i casi della vicina Svizzera, oppure della Carinzia, quali aree particolarmente attrattive per chi vuole fare impresa. A Cremona c'è l'area di Tencara. Qual è il punto della situazione su questo progetto? Che cosa si può fare perché una grande occasione come questa possa diventare realtà?

Abbiamo sempre sostenuto, e lo ripeteremo durante la nostra Assemblea dell’11 ottobre al Presidente della Regione Lombardia, che è giunto il momento anche per la nostra regione di dotarsi di uno strumento e di un programma per attrarre nuovi investimenti attraverso la predisposizione di aree, poche ma molto efficienti, dove il possibile investitore possa trovare costi bassi di insediamento, burocrazia zero, servizi efficienti, logistica adeguata e manodopera specializzata.
Noi pensiamo che l’area della Tencara potrebbe essere il primo esperimento da fare in Regione Lombardia, per le sue caratteristiche assolutamente uniche.
È evidente che un progetto di tale portata non può essere sostenuto ed attuato dalle istituzioni e dalle forze economiche locali, ma deve essere un progetto condiviso e finanziato dalla Regione Lombardia, anche avvalendosi del provvedimento “Destinazione Italia” recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri.
La nostra volontà è fuori discussione, un protocollo di intesa con tutte le forze sindacali ed economiche esiste, manca solo la risposta della Regione.

Scuola e impresa: proprio qualche giorno fa, in occasione del decennale di Talent Scout, è emerso come il dialogo fra istituti scolastici e imprese sia ancora difficoltoso e come la formazione non sia sempre sulla stessa lunghezza d'onda delle necessità delle imprese. Come si può migliorare questo rapporto? Come le imprese potrebbero collaborare più e meglio di quanto non facciano oggi con il mondo dell'università?

Il nostro Gruppo Giovani sta facendo molto in questa direzione e l’iniziativa del Talent Scout, fra le altre, ne è una conferma.
È però necessario che tutti condividiamo l’obbiettivo di utilizzare meglio la presenza universitaria sul nostro territorio per trasferire know-how e conoscenze soprattutto alle aziende più piccole e migliorare complessivamente il rapporto con il sistema economico del territorio.
Ma la cosa che in questo momento ci preme di più sottolineare è quella di porre maggiore attenzione agli istituti professionali che sono il vero veicolo che le aziende utilizzano per recuperare le figure professionali che meglio di altre possono inserirsi nel mondo del lavoro.
Su questo tema non vedo particolare attenzione da parte degli Enti preposti.
Anche noi possiamo fare di più, utilizzando meglio gli stages, dedicando risorse anche economiche per migliorare la didattica di questi istituti, ma anche per impostare un indispensabile progetto di orientamento scolastico che deve portare a scelte più consapevoli sia da parte dei giovani che delle famiglie.

Ultimamente si parla spesso di macroregione: il nord Italia rappresenta un'area dalle caratteristiche omogenee. Come si potrebbe moltiplicare questo straordinario potenziale? Che cosa chiedono gli industriali a chi amministra la Lombardia?

Chiediamo che la Lombardia diventi un modello per tutto il nostro Paese mettendo in atto una politica industriale e del lavoro efficace, lungimirante, finalizzata alla crescita delle imprese.
Recentemente sui giornali è stata pubblicata una classifica dove la Lombardia, da sempre considerata uno dei motori dell’Europa, ha perso competitività rispetto ad altre aree.
Chiediamo alla Regione di invertire la tendenza e ritornare ad avere il ruolo sia a livello nazionale che internazionale che l’ha contraddistinta negli anni ’80.
Penso che ce la possiamo fare, abbiamo notato molto attivismo da parte del nuovo Assessore Melazzini e del Presidente Maroni.
Questo ci rende fiduciosi.

(SEGUONO AGGIORNAMENTI)

Alessandro Rossi

© Riproduzione riservata

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