Mentre tanti pensano a incrementare le forze per la guerra, noi vogliamo forze di pace. E non penso solo ai caschi blu dell’Onu o agli ospedali e agli interventi umanitari delle Ong più diverse. Penso alle energie e alle volontà dei cristiani che nel mondo, nonostante le loro divisioni storiche e teologiche, quest’anno provvidenzialmente celebrano tutti la Pasqua del Signore nello stesso giorno, il 20 aprile. Ma senza pace! La sera di Pasqua Gesù si è mostrato vivo ai discepoli, augurando e portando la pienezza della pace: Shalom… Salaam! Meglio scriverlo sia in ebraico che in arabo, per ricordare quanto ne abbiamo tremendo bisogno tutti, ovunque.
La Pasqua non viene per darci un’illusoria pausa di spensieratezza primaverile, rispetto ai drammi e alle paure che ci affliggono. Viene piuttosto a ridestare ragioni di speranza, aprire vie di cambiamento, prospettive di vita nuova, quella che scaturisce da una morte disarmata del suo veleno. La passione del Figlio di Dio, la sua Pasqua di morte e risurrezione, è l’evento unico, decisivo e integrale della rigenerazione umana, persino di una nuova creazione. Come aveva detto il profeta: “Ecco, faccio una cosa nuova, non ve ne accorgete?”.
È la pace questa cosa nuova, che Dio inaugura capovolgendo la logica della forza muscolare con la debolezza di cui riveste la sua onnipotenza spirituale, morale. Perciò la via da riprendere è quella del dialogo, non del monologo arrogante, ed è il rispetto delle diversità che accredita la diplomazia e rinsalda la democrazia. Stili che i cristiani riassumono oggi nella “sinodalità”, ossia nel camminare insieme, come popolo in cui anche i più piccoli e fragili hanno la medesima dignità, e diventano corresponsabili del bene e del futuro di tutti. In modo che nessuno si erga a padrone del mondo, spacciandosi per il suo salvatore.
Dio è sempre all’opera perché i suoi figli abbiano vita, in abbondanza e con giustizia. Dalla Pasqua del Figlio fa scaturire una sorgente, quella dello Spirito, che ricolma anche le più piccole creature, perché osino credere, sperare, amare. Chi si mette in ascolto dello Spirito sa cogliere la profondità della realtà, vede le sue luci più piccole e calde, raccoglie ogni briciola di vero bene, incrocia sguardi e benedice esistenze, osa passi e incontri che riconciliano con la vita, riceve e dona amore, quasi senza accorgersene.
Ce n’è tanta di gente così, nelle nostre comunità semplici e laboriose, nelle famiglie e nelle case. Ci sono tante persone che fanno Pasqua nel segreto dell’anima, che testimoniano la forza della vita anche sotto pesanti croci, che inventano gesti per rimettere in piedi chi non ce la fa. Il mio augurio pasquale è che ciascuno di noi se ne accorga: del bene che gli viene incontro, del desiderio che si riaccende, del dono che sorprende e rallegra. Che ci si accorga del Vivente, incarnato in miliardi di meravigliose e delicatissime esistenze umane, tutte sacre e intoccabili, tutte chiamate alla pienezza della pace. Cominciando col dire sì alla vita e no alla guerra, pronte a fare Pasqua in sé e attorno a sé, diventando così quell’invincibile forza di pace di cui abbiamo bisogno.
+Antonio Napolioni
Vescovo di Cremona
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