Premette che è da «tenere in considerazione nei giudizi da esprimere» che il progetto di legge Nordio «deve ancora superare l’esame del Parlamento». Anna di Martino, presidente del Tribunale di Cremona, esprime, nell’intervista rilasciata al nostro settimanale, una forte «perplessità» soprattutto su uno dei punti contenuti nel testo che il ministro della Giustizia ha presentato in Consiglio dei ministri, «quello che riguarda la collegialità nell’emissione dei provvedimenti cautelari». Non più il giudice monocratico, ma una pluralità di giudici (tre) dovranno esprimersi sulla possibilità della custodia dell’indagato. Nel caso venisse confermata, avvisa di Martino, questa modifica sarebbe «praticamente irrealizzabile, soprattutto nelle realtà medio-piccole come la nostra». Usa un’ironia pungente il numero uno del palazzo di giustiazia: «Spesso i disegni di legge hanno una qual dose, per essere clemente, di astrazione dalla realtà». E considera anche un «eccesso» la richiesta «che venga sentita la persona indagata prima di emettere un provvedimento».
Non la appassiona «più di tanto», invece, la cancellazione del reato di abuso d’ufficio. Dice di Martino: «Se in un Comune il sindaco favorirà negli appalti o nelle assegnazioni i propri familiari, oppure violerà semplicemente l’obbligo di astensione, se ne prenderà atto da parte degli amministrati. A me, però, come operatore del diritto interessa molto di più l’aspetto che impatta sul funzionamento del tribunale, dunque, la questione della collegialità». Parere schietto anche sulla stretta alle intercettazioni: «Sono uno strumento indispensabile. Alcuni reati, se attendi la prova testimoniale o documentale, non li disveli». Ancor più netta, il presidente del nostro Tribunale si rivela sul tema separazione delle carriere tra giudice e pm: «Non è vero che, separandole, si assicuri la terzietà del giudice. Il giudice non è mai succube del pubblico ministero»...
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