Sul tema del crollo delle nascite l’analisi del sociologo Francesco Belletti, direttore del Cisf (Centro internazionale Studi Famiglia) di Milano è severa, ma lascia aperta una speranza. È positivo che l’emergenza sia ormai condivisa e che siano stati approntati i primi provvedimenti. Dovranno però essere efficaci e di lungo periodo. Il quesito di fondo è: perché è così forte in Italia la crisi della natalità?
«Il crollo della natalità nel nostro Paese che, vale la pena di ricordarlo, si colloca tra i peggiori a livello mondiale, è l’effetto congiunto di due processi di lunga durata, che poi hanno trovato un “momento storico specifico” che ne ha accelerato e potenziato l’impatto. I due trend convergenti sono stati da un lato un percorso culturale e valoriale individualistico, che ha indebolito la famiglia, la centralità delle relazioni e dei legami familiari e la disponibilità alla responsabilità genitoriale; dall’altro, la pressoché totale mancanza di politiche pubbliche che sostenessero le famiglie e la natalità. Dal punto di vista valoriale, mettere al mondo un figlio sembra essere diventato solo un “costo”, per un giovane: un costo economico, un costo che danneggia la carriera, un costo per la propria libertà, che viene certamente limitata dal compito di cura verso un bambino. E se rimane un “desiderio di figlio”, spesso anche questo diventa non un’esperienza di dono, ma un “diritto dell’adulto” a completare la propria autorealizzazione. Del resto – secondo trend di lungo periodo – per troppi anni la società e le politiche pubbliche hanno confermato che i figli sono una questione privata, rifiutandosi di sostenere i giovani e le famiglie davanti ai costi, all’impegno, alle scelte e ai sacrifici che mettere al mondo un figlio inevitabilmente genera. Salvo poi, oggi, sollevare incessanti allarmi sulla sostenibilità del sistema previdenziale (chi pagherà le nostre pensioni?), che mi pare l’ennesima beffa ai danni delle giovani generazioni. Ma, dicevamo, l’alleanza tra una cultura individualistica e narcisistica e una politica – e una società - che non volevano sostenere in alcun modo la natalità ha trovato un catalizzatore potentissimo, un acceleratore di processo nel clima di incertezza, instabilità e ansia che ha caratterizzato almeno gli ultimi due decenni, soprattutto per le nuove generazioni. Paura del futuro, incertezza lavorativa, paure sulla sostenibilità ambientale hanno così scatenato la “tempesta perfetta”. Ma in questa situazione, chi me lo fa fare a mettere al mondo un figlio? In effetti, oggi chi decide di farlo, pur nella estrema normalità di tale scelta, sembra davvero un po’ un eroe, e un po’ uno che scommette sul futuro, senza tutte le carte in mano…». (...)
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