«Serve un nuovo patto di fiducia. I partiti e voi parlamentari siete pronti a ricostruire questo patto?». Così Mario Draghi, in Senato per le comunicazioni nella giornata cruciale della crisi di governo, si è rivolto a parlamentari e partiti, ripetendo quel “siete pronti” per ben quattro volte, e aggiungendo: «Questa risposta non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani». Ebbene, quella risposta non è arrivata o, per essere più precisi, c’è stata - pur cercando di non metterci la faccia fino in fondo dato che il Governo ha comunque ottenuto la fiducia - ed è stata negativa. A quel punto, al Presidente del Consiglio non è rimasto altro che prendere atto che le condizioni che avevano permesso la nascita del suo governo, 17 mesi prima, non c’erano più. E così Draghi ha rassegnato le dimissioni nelle mani del capo dello Stato che ha firmato il decreto di scioglimento delle Camere. Si andrà al voto il 25 settembre. L’Italia, dunque, nove mesi prima la naturale scadenza della legislatura, si avvia a elezioni: una legislatura tormentata, non c’è che dire, in cui abbiamo assistito alla nascita di tre governi differenti: il “Conte 1”, frutto dell’unione fra Lega e 5 Stelle, il “Conte 2”, nato grazie al sostegno di PD, 5 Stelle e Italia Viva e infine il governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. Tre esecutivi diversi da cui emerge l’endemica instabilità del sistema politico nazionale italiano che deriva dall’incapacità di fare sintesi e gioco di squadra. Un fattore di debolezza cui, prima o poi, bisognerà mettere mano.
(a.r.)
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